Anno 18° n. 8 – 16 GENNAIO 2022
DOMENICA 16 GENNAIO 2022
II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Non hanno Vino
Nel Vangelo di oggi troviamo il racconto del primo dei miracoli di Gesù. Il primo di questi segni prodigiosi si compie nel villaggio di Cana, in Galilea, durante la festa di un matrimonio. Non è casuale che all’inizio della vita pubblica di Gesù si collochi una cerimonia nuziale, perché in Lui Dio ha sposato l’umanità: è questa la buona notizia, anche se quelli che l’hanno invitato non sanno ancora che alla loro tavola è seduto il Figlio di Dio e che il vero sposo è Lui. In effetti, tutto il mistero del segno di Cana si fonda sulla presenza di questo sposo divino, Gesù, che comincia a rivelarsi. Gesù si manifesta come lo sposo del popolo di Dio, annunciato dai profeti, e ci svela la profondità della relazione che ci unisce a Lui: è una nuova Alleanza di amore.
Nel contesto dell’Alleanza si comprende pienamente il senso del simbolo del vino, che è al centro di questo miracolo. Proprio quando la festa è al culmine, il vino è finito; la Madonna se ne accorge e dice a Gesù: «Non hanno vino». Perché sarebbe stato brutto continuare la festa con l’acqua! Una figuraccia, per quella gente. La Madonna se ne accorge e, siccome è madre, va subito da Gesù. Le Scritture, specialmente i Profeti, indicavano il vino come elemento tipico del banchetto messianico. L’acqua è necessaria per vivere, ma il vino esprime l’abbondanza del banchetto e la gioia della festa. Una festa senza vino? Non so… Trasformando in vino l’acqua delle anfore utilizzate «per la purificazione rituale dei Giudei» – era l’abitudine: prima di entrare in casa, purificarsi –, Gesù compie un segno eloquente: trasforma la Legge di Mosè in Vangelo, portatore di gioia. E poi, guardiamo Maria: le parole che Maria rivolge ai servitori vengono a coronare il quadro sponsale di Cana: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Anche oggi la Madonna dice a noi tutti: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Queste parole sono una preziosa eredità che la nostra Madre ci ha lasciato. E in effetti a Cana i servitori ubbidiscono. «Gesù disse loro: Riempite d’acqua le anfore. E le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto. Ed essi gliene portarono». In queste nozze, davvero viene stipulata una Nuova Alleanza e ai servitori del Signore, cioè a tutta la Chiesa, è affidata la nuova missione: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Servire il Signore significa ascoltare e mettere in pratica la sua parola. È la raccomandazione semplice, essenziale della Madre di Gesù, è il programma di vita del cristiano. papa Francesco
Prima Lettura
Gioirà lo sposo per la sposa.
Dal libro del profeta Isaìa. Is 62,1-5
Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 96 (95)
R. Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome. R.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie. R.
Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome. R.
Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine. R.
Seconda Lettura
L’unico e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno come vuole.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi. 1Cor 12,4-11
Fratelli, vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue.
Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo,
per entrare in possesso della gloria
del Signore nostro Gesù Cristo. (Cf. 2Ts 2,14)
Alleluia.
Vangelo
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.
Dal Vangelo secondo Giovanni. Gv 2,1-11
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Parola del Signore.
PER APPROFONDIRE
DOMENICA 16 GENNAIO 2022
CARA MAMMA E CARO PAPA’: IMPARIAMO A SOGNARE
È con cuore aperto che mi rivolgo a voi mamme e papà mentre, con difficoltà, riprendiamo quest’anno all’insegna di un percorso che attraverso l’Assemblea Sinodale ci porterà nel 2025 all’Anno Santo della Redenzione che avrà come motto “Pellegrini di Speranza”. Ed è anche per questo motto che non voglio in alcun modo indulgere in lamentele o in considerazioni tristi nel constatare la “disaffezione” di tante persone dalla proposta cristiana e la “poca incisività” dei cristiani nella società. Provo allora a raccogliere dalla Parola di Dio, di cui domenica prossima celebreremo la giornata, il forte invito che ci rivolge il Signore Gesù, quando a Pietro e agli altri discepoli intenti nel loro lavoro ha proposto: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. Carissimi condivido con voi nella comunità l’impegno educativo nei confronti delle nuove generazioni verso le quali abbiamo la responsabilità di essere adulti davanti a loro tramettendo la consegna di una vita impegnata, appassionata e illuminata dalla bellezza di sapere di esser amati dal Signore. La difficoltà è come fare giungere a loro e soprattutto come trasmettere loro la bellezza di essere figli di Dio che, nonostante le nostre debolezze e fragilità, si ostina a volere il nostro bene e non ci abbandona mai. Per sintetizzare mi pare che almeno tre sono gli atteggiamenti che possono esprimere meglio il compito della trasmissione di una vita bella, piena e ben riuscita.
- Prima di tutto l’atteggiamento da trasmettere è quello del volersi bene. È infatti prima di tutto in famiglia e poi nella comunità che i figli esperimentano quella che è la verità di Dio egli è Amore. Sarà allora solo passando per l’amore più prossimo dei suoi genitori vissuto in famiglia che i figli potranno incontrare Dio che è Amore. Allora amiamoci e voi papà e mamma in famiglia amatevi con generosità supportandovi e sopportandovi a vicenda.
- Le cose importanti e vere si imparano vedendole, cioè si impara dall’esempio degli altri. Cari genitori diventate quello che siete punto di riferimento dei vostri figli dandone l’esempio con la vostra vita. Una vita di onestà, di generosità di autenticità e si anche gioiosa. Una vita illuminata dalla presenza di Dio che la rende, pur nelle fatiche di ogni giorno, preziosa. Una vita che vale la pena di essere vissuta alla grande. Trasmettete speranza e fiducia nel domani a partire dall’impegno nell’oggi, abbiamo troppi giovani che sono già stanchi di vivere.
- Inserite i figli, con gradualità, nella vita della parrocchia. Ci sono tanti modi e opportunità. Prima di tutto facendoli partecipare alla vita sacramentale, alle celebrazioni di cui la domenica è punto di riferimento settimanale. Ma poi facendo in modo che vivano con i loro coetanei i percorsi della formazione umana e cristiana nelle varie proposte di catechesi e di cammini formativi. Ed è proprio su questi due aspetti che si concentra la riflessione della comunità parrocchiale e diocesana. Ci siamo tutti resi conto che i tempi sono cambiati e che c’è in atto un cambiamento d’epoca non possiamo più ragionare e agire come se tutto fosse fermo come un tempo. Il mio invito, ed è anche quello che cerchiamo di darci con coloro che con grande spirito di servizio e di entusiasmo sono incaricati del ministero della catechesi è quello di “sognare” un modo più vero e rispondente di trasmettere la fede che ha bisogno però di poggiare su una formazione umana autentica e solida. Proviamo noi adulti a “sognare” con grande fiducia un modo più attuale e più rispondente di annuncio della fede. Per fare ciò abbiamo bisogno di una vera collaborazione tra famiglia e parrocchia abbiamo bisogno di persone che in forza del loro battesimo si rendano disponibili ad “accompagnare” piccoli gruppi per fare loro esperimentare la bellezza di seguire Cristo e di vivere secondo il suo vangelo.
Per questo martedì 25 gennaio e martedì 2 e 8 febbraio alle ore 20,30 promosso dalla forania per noi adulti ci sarà la possibilità di un breve corso di riflessione proprio su come trasmettere oggi la fede alle giovani generazioni insomma per incominciare tutti a “sognare”.
don Natale
DOMENICA 09 GENNAIO 2022
DIO VUOLE ABITARE ANCHE NELLE NOSTRE “STALLE INTERIORI”
Con questa frase che ti spiazza e ti trasmette con efficacia immediatamente un messaggio papa Francesco ha sintetizzato il messaggio del Natale per ciascuno di noi. Con la festa del Battesimo di Gesù si conclude il tempo del Natale, se ci chiediamo che cosa abbiamo raccolto come messaggio da questo Natale da vivere per quest’anno, potremmo proprio partire da questa frase. Ci spiega infatti Papa Francesco: “Cari fratelli e sorelle, spesso ci teniamo a distanza da Dio perché pensiamo di non essere degni di Lui. Ed è vero. Ma il Natale ci invita a vedere le cose dal suo punto di vista. Dio desidera incarnarsi. Se il tuo cuore ti sembra troppo inquinato dal male, ti sembra disordinato, per favore, non chiuderti, non avere paura: Lui viene. Pensa alla stalla di Betlemme. Gesù è nato lì, in quella povertà, per dirti che non teme certo di visitare il tuo cuore, di abitare una vita trasandata. È questa la parola: abitare. Abitare è il verbo che usa Dio egli vuole abitare con noi, vuole abitare in noi, non rimanere lontano”.
E domando, a me, a voi e a tutti: noi, vogliamo fargli spazio? Ma concretamente? Magari ci sono degli aspetti della vita che teniamo per noi, esclusivi, o dei luoghi interiori nei quali abbiamo paura che il Vangelo entri, dove non vogliamo mettere Dio in mezzo. Quali sono le cose interiori che io credo che a Dio non piacciano? Qual è lo spazio che tengo soltanto per me e non voglio che lì Dio venga? Ognuno di noi sia concreto e rispondiamo a questo. “Sì, sì, io vorrei che Gesù venisse, ma questo che non lo tocchi; e questo no, e questo…”. Ognuno ha il proprio peccato — chiamiamolo per nome — e Lui non si spaventa dei nostri peccati: è venuto per guarirci. Siamo coraggiosi, diciamo: “Signore, io sono in questa situazione, non voglio cambiare. Ma tu, per favore, non allontanarti troppo”. Allora parliamo a Gesù delle nostre vicende concrete. Invitiamolo ufficialmente nella nostra vita, soprattutto nelle zone oscure: “Guarda, Signore, che lì non c’è luce, lì l’elettricità non arriva, ma per favore non toccare, perché non me la sento di lasciare questa situazione”. Parlare con chiarezza, concretezza. Le zone oscure, le nostre “stalle interiori”: ognuno di noi ne ha. E raccontiamogli senza paura anche i problemi sociali, i problemi ecclesiali del nostro tempo; i problemi personali, anche i più brutti: Dio ama abitare nella nostra stalla.
Detto questo, guai però a seguire un atteggiamento pessimistico, alimentato anche dalla pandemia e dalle crisi sociali. Infatti, quando la bufera si sarà placata ci sarà, comunque, una certezza: usciti da quella tempesta, non saremo più gli stessi di quando vi siamo entrati. Guai, allora, a togliere dal cuore ogni desiderio e attesa, a spegnere ogni sogno di riprendere con forza e con coraggio si perderebbe la voglia di vivere e si strapperebbe dall’anima il seme della felicità. Purtroppo vediamo che in profondità nella società, si allarga invece l’area dell’indifferenza rassegnata, riguardo alla quale papa Francesco ha coniato il folgorante motto della «globalizzazione dell’indifferenza». Nonostante questo, dobbiamo ripeterci che è possibile far crescere e far germogliare la virtù poco praticato ma fondamentale della speranza. La speranzaspinge l’uomo a mettersi in cammino come Abramo che “partì senza sapere dove andava.” Si fidava di Dio è partì pieno di fiducia e di speranza. Nel 431 a Efeso il popolo presente a quel Concilio alla proclamazione del dogma sulla divina Maternità di Maria si alzò di scatto in piedi e per tre volte e con forza esclamo: “Santa Maria Madre di Dio prega per noi”. Non si spenga in noi questa invocazione e anche noi promettiamo all’inizio di quest’anno che ogni giorno vogliamo iniziare e concludere la nostra giornata con questa invocazione. “Santa Maria Madre di Dio prega per noi”.
don Natale
SABATO 1 gennaio 2022
CHE MONDO VOGLIAMO DARCI PER IL NUOVO ANNO 2022?
Questo 2021 si chiude con un bilancio positivo per quanto riguarda la ripresa delle attività economiche e sociali anche se ancora la variante “omicron” non ci lascia sereni, ma i vaccini e speriamo che la scienza trovi anche altre medicine ci aiutano a superare o per lo meno a tenere a bada la prova della pandemia. Chiudendo quest’anno Papa Francesco, che ci aveva più volte ammonito – peggiore di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla – ha lanciato, con drammatica forza e sofferenza degli appelli dal suo recente pellegrinaggio tra i profughi in Grecia e più specificatamente nell’isola di Lesbo, che abbracciava tutti i profughi del mondo.
Ha detto: “Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà che riguarda tutto il mondo”. E’ un grido disperato e accorato che il Papa ci chiede di portare come impegno nel nuovo anno, un grido che interpella le coscienze di tutti e ci chiede di impegnarci a costruire un mondo che sia capace di essere veramente umano.
Ha detto: “Troviamo il coraggio di vergognarci davanti al volto dei bambini. Essi interpellano le nostre coscienze e ci chiedono – Quale mondo volete darci?”. E’ una domanda che entra nella profondità del nostro cuore e che ci chiede di uscire fuori con delle risposte concrete c’è da ricordare infatti l’antico insegnamento ebraico che ci ammonisce che: “Chi salva una vita salva il mondo intero”. Il nostro contributo per l’anno che viene non può esimersi dal sentirsi direttamente responsabile di ogni vita umana perché è solo così che si salva il mondo.
Ha poi concluso: “Solo se riconciliato con i più deboli l’avvenire sarà prospero: Perché quando i poveri vengono respinti si respinge la pace. Occorre affrontare i cambiamenti epocali con grandezza di visione. Perché non ci sono risposte facili a problemi complessi. Il Mediterraneo che per più millenni ha unito popoli diversi e terre distanti sta diventando un freddo cimitero di lapidi”. La triste realtà che quasi ogni giorno è sotto gli occhi di tutti è diventata così scontata che ormai non ci fa più impressione o commozione (se almeno talvolta l’ha prodotta), l’indifferenza quando non sia l’indignazione per questa “invasione” ci fa dimenticare che abbiamo bisogno di vedere con occhi diversi la globalità del problema dell’immigrazione attuando modelli di integrazione vera e umana è triste sentire proporre , come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri e srotolare fili spinati.
Avrei potuto usare parole più serene e gioiose per augurare a tutti un buon anno, ho scelto di lasciare che le parole molto reali del Papa ci provochino e ci spingano ad un nuovo modo di vivere, di sentire e di agire, perché solo così sarà veramente un nuovo anno buono e umano. Perché per chi si professa cristiano il programma per un nuovo anno è trovarsi là dove sta Gesù e Gesù sta, e il Natale ce lo ricorda, dove ci sono i poveri che trovano riparo sotto una tenda in un campo profughi e dove ci sono coloro che come la famiglia di Gesù sono stati obbligati dalla cattiveria degli uomini a lasciare la propria terra e a mettersi in cammino per una immigrazione costretta.
L’augurio che mi sento allora di fare è che l’Europa ritrovi se stessa. Riscopra le proprie origini che sono quelle che hanno sognato i padri fondatori che non possono prescindere dalle radici cristiane e dai valori autentici. E ogni cristiano sa che il suo vero programma sta nel vangelo che ci ricorda che ogni cosa che abbiamo fatto al più piccolo dei nostri fratelli l’abbiamo fatta la Signore.
“Quest’anno, mentre speriamo in una rinascita e in nuove cure, non tralasciamo la cura dell’anima. Perché, oltre al vaccino per il corpo, serve il vaccino per il cuore. Sarà un buon anno se ci prenderemo cura degli altri, come fa la Madonna con noi”.
Buon Anno 2022! don Natale
NATALE DEL SIGNORE
LA GIOIA DEL VANGELO DEL NATALE
La celebrazione del Natale è posta dal vangelo sotto il segno della gioia. “Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. Una grande gioia apre il vangelo di Luca, alla nascita di Gesù, e una grande gioia lo chiude, alla resurrezione di Gesù, quando i discepoli “tornarono a Gerusalemme con grande gioia”. La gioia è intrinseca al vangelo, è connaturata ad esso, non è solo conseguenza dell’annuncio, ma è anche contenuto stesso dell’annuncio. Contenuto, perché evangelizzare è trasmettere e trasfondere la gioia che viene dal Signore e nasce dalla stessa buona notizia evangelica.
Annunciata ai pastori, la gioia si diffonderà e, come il vangelo, correrà, per diventare di tutto il popolo. Attraverso il contagio provocato da chi già la vive, la gioia del vangelo si estenderà, mostrerà la sua capacità diffusiva, il suo intrinseco dinamismo.
La gioia è progressiva e in divenire, ma pure minacciata e contrastata, anche nell’intimo della stessa persona. La nostra storia è anche la storia della nostra gioia e delle nostre tristezze. È la storia della nostra fede che ci porta a far vincere la gioia sui motivi di tristezza e di amarezza che ci assalgono. E’ a partire da queste affermazioni che vengo a voi tutti per l’augurio del Santo Natale, infatti di tutte le cose belle credo che quest’anno abbiamo tutti bisogno che rifiorisca in noi la gioia, abbiamo un infinito bisogno di accogliere e di guardare alla vita con gioia, con la festa del cuore e con la fiducia e la speranza che il Signore è venuto a portarci nascendo a Betlemme.
Vorrei raccontare quello che ho sentito tanti anni fa’ quando ero bambino quando ho chiesto alla catechista che ci invitava a fare delle riflessioni sulle statue del presepe: “Ma perché questo pastorello non porta niente a Gesù?”. Tra tutti i vari personaggi del presepe uno non portava niente a Gesù. Infatti gli altri andavano verso la grotta di Betlemme portando qualcosa: chi in un bidoncino un po’ di latte, chi un po’ di burro, che un po’di formaggi. Le donne poi portavano qualche uovo e chi anche un bel galletto, o una bella copertina di lana o qualche prodotto dell’orto insomma tutti chi più chi meno portavano qualcosa a Gesù Bambino, alla Madonna e a Giuseppe. Il nostro pastorello invece non aveva preso con sé niente e arrivato davanti alla grotta si mise in ginocchio e mostrò le mani che erano vuote. San Giuseppe si accorse dell’imbarazzo del pastorello e lo consolò dicendo le tue mani sono vuote, ma il tuo cuore è pieno di amore, i tuoi occhi pieni di meraviglia, e la tua bocca ha un bel sorriso che dice tutta la tua gioia di essere qui ad adorare Gesù. Così mi spiegò la catechista che il Signore la benedica.
Da allora tra i tanti personaggi del presepe ho sempre avuto come mio preferito la statuina di quel pastorello. Vorrei vivere così il mio incontro con Gesù Bambino con un cuore pieno di amore per tutti quelli che Gesù ama, con gli occhi pieni di meraviglia per tutte le cose belle che il Signore ci dona ogni giorno e la gioia di poter essere davanti a Gesù che è venuto in mezzo a noi per salvarci. La gioia del Natale è beatitudine, la beatitudine di chi non trova scandalo in un Dio rivelato da un neonato, è la gioia piena di stupore di chi scopre di essere prezioso agli occhi di altri, di chi, non contando nulla, si scopre visto e scelto nella propria emarginazione e solitudine. La gioia nasce dall’esperienza della gratuità. La gioia, come l’evangelo, è grazia. E l’esperienza dei pastori, primi destinatari del vangelo della gioia, può essere estesa a ogni destinatario dell’evangelo perché sia vero che la loro gioia, la gioia dei pastori, diventi di tutto il popolo, di ogni uomo. E’ questo l’augurio che contro ogni evidenza ancora accogliamo da Betlemme: “Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”.
Buon Natale della gioia a tutti!
don Natale
19 dicembre 2021
LETTERA CHE NON HO SCRITTO A GESÙ BAMBINO
Quest’anno non scriverò, come ho fatto gli anni scorsi, una lettera a Gesù Bambino. Non la scriverò, non perché non abbia cose da chiedere in quest’anno di grandi prove che ci ha tutti stressati e sfiniti e lasciati impauriti. Non la scriverò perché, come sento dire talvolta, penso che Gesù Bambino sia tanto impegnato che non ha tempo per leggere letterine scritte da un “nonno”, ma è giusto che legga le letterine dei bambini, anche perché con il calo delle nascite attuali non ci saranno più tanti bambini che scrivono letterine a Gesù Bambino (se ancora si usa scriverle).
Poi se proprio debbo dirla tutta ho come l’impressione che stiamo vivendo un tempo di “decadimento” e ciò mi mette tristezza e tanta preoccupazione per la responsabilità che sento di avere come quelli che si rendono conto che questa situazione non è altro che la conseguenza di quanto noi adulti siamo venuti costruendo, o meglio, distruggendo in questi ultimi anni. Abbiamo distrutto la natura, e Dio aveva fatto di tutto perché fosse bella e gioiosa per tutti, stiamo perdendo il senso di umanità per cui ci troviamo sospettosi gli uni verso gli altri eppure il Signore ci aveva creati perché fossimo “Fratelli Tutti”, ci aveva Dio parlato sempre al plurale, ci conosceva come popolo e ci siamo trovati individualisti ed egoisti, chiusi in noi stessi sospettosi del nostro vicino e incapaci di condivisione e solidarietà. Sarebbe venuta fuori una lettera piena di sospiri e di rimpianti e di accuse che non producono niente di buono e già mi accorgo che mi sto dirigendo in quella direzione. Vorrei scrive una lettera in poesia, ma non ne sono capace, la poesia che mi piace leggere a Natale è quella di Padre David Turoldo che dice così:
Ma quando facevo il pastore
allora ero certo del tuo Natale.
I campi bianchi di brina,
i campi rotti dal gracidio dei corvi
nel mio Friuli sotto la montagna,
erano il giusto spazio alla calata
delle genti favolose.
I tronchi degli alberi parevano
creature piene di ferite;
mia madre era parente
della Vergine,
tutta in faccende,
finalmente serena.
Io portavo le pecore fino al sagrato
e sapevo d’essere uomo vero
del tuo regale presepio.
Essa ricorda tempi passati, non meno tristi e pieni di miseria, ma forse con un po’ più di calore umano, di dolcezza e di tenerezza che vorrei ci fosse anche per noi a Natale. E allora posso solo tentare di esprimere qualche parola che come ho sentito dire un giorno da un vecchio parroco ci aiuti a slegare il Natale e lasciare che ci porti un po’ di atmosfera, di gioia e di meraviglia perché se ci rubano anche il Natale allora siamo veramente da compiangere come coloro che non hanno speranza e allora non abbiamo più niente da festeggiare come vorrebbero farci credere coloro che per un “misterioso rispetto delle diversità” ci chiedono di non usare più i nomi di Maria e Giuseppe e augurarci semplicemente “buone feste”. Voglio credere che tutto ciò non ci lasci nell’indifferenza e anche quest’anno torniamo entusiasti e riconoscenti davanti alla grotta di ogni presepe e cantare con gioia e con commozione: “Tu scendi dalle stelle o Re del cielo e vieni…” Si vieni ancora, vieni sempre Bambino Gesù noi abbiamo bisogno di Te. Una cosa ho da chiederti Gesù Bambino tu lo sai, non dimenticarti per questo tutti ti preghiamo in questo Natale.
don Natale
12 dicembre 2021
OCCHI NUOVI DAVANTI AL PRESEPE
L’Arcivescovo di Milano ha inviato ai bambini un libretto per invitarli a guardare il presepe con occhi nuovi. L’Arcivescovo immagina che ogni giorno una statuina speciale e originale arricchisca il presepe tradizionale. Ciascuna statuina rappresenta un personaggio o una situazione che l’Arcivescovo chiede sia “inserito” nella vita dei ragazzi e così guardare con occhi nuovi persone che forse passano come figure scontate nella nostra vita. Vorrei tentare anch’io di vedere quali statuine poter inserire nel mio presepe. Ad esse però vorrei aggiungere un sentimento che ognuna di queste statuine rappresenta.
- L’affetto dei nonni: ricordo che un giorno parlando con il Vescovo Livio mi disse che tante volte aveva notato che i più afflitti e sconsolati della morte delle persone erano proprio i nipoti. In ogni presepe non dovrebbe mancare la statuina dei nonni il loro affetto e il loro amore ci ricordano l’amore di Gesù venuto tra noi per raccontarci l’amore del Dio per l’umanità.
- Il desiderio di pace di ogni profugo: papa Francesco all’Angelus il giorno dell’Immacolata ci ha esortato con queste parole: “A Cipro, come a Lesbo, ho potuto guardare negli occhi questa sofferenza: per favore, guardiamo negli occhi gli scartati che incontriamo, lasciamoci provocare dai visi dei bambini, figli di migranti disperati. Lasciamoci scavare dentro dalla loro sofferenza per reagire alla nostra indifferenza; guardiamo i loro volti, per risvegliarci dal sonno dell’abitudine!”.
- La speranza in ogni malato. C’è nel presepe – molto bello nella chiesa di Sindacale – la statuina di un di uomo mutilato di una gamba che appoggiandosi alle stampelle si reca anche lui alla grotta ad adorare Gesù. Tante volte siamo magari tristi di fronte ai malati, ma dovremmo anche essere capaci di comunicare loro la speranza che il Signore non li abbandona e che anche noi siamo vicini per aiutarli a portare la loro sofferenza.
- L’amicizia dei bambini. Dalla finestra del mio studio posso vedere giù “a piassa” giorni fa ho visto due bambini che tornavano da scuola e parlano tra di loro dai loro gesti si capiva che uno dei due era triste e l’altro cercava di consolarlo mettendogli un braccio al collo e scuotendolo quasi per dirgli coraggio non ti disperare. L’amicizia quando è vera è meglio di qualsiasi medicina per curare il dolore dell’anima.
- La sofferenza di un cristiano “maronita”. La diffusione del cristianesimo nell’area libanese la si deve soprattutto alla Chiesa cosiddetta maronita, sviluppatasi intorno al V secolo. Il suo nome deriva dal fondatore San Marone, un asceta vissuto in Siria e morto nel 452. Questo è un cristiano in rappresentanza di tutti i cristiani perseguitati nel mondo e ce ne sono tanti, sono nostri fratelli nelle fede non possiamo ignorarli è nostro dovere pregare per loro e aiutarli con la nostra solidarietà.
- La gioia di chi cammina verso la grotta. Un canto che ci accompagnerà per tutto il tempo del Natale dice così: “Venite Fedeli, l’angelo ci invita, venite, venite a Betlemme. Nasce per noi Cristo Salvatore. Venite adoriamo, venite adoriamo, venite adoriamo il Signore Gesù”. E’ un invito rivolto a ciascuno di noi perché ci mettiamo in cammino verso la grotta di Betlemme ad incontrare Gesù che viene tra noi.
- ……………………………………….questo spazio è riservato a ciascuno di noi, aggiungiamo qui una nostra statuina che ci ricorda come prepararci a vivere il Natale di Gesù aprendo il nostro cuore per accogliere ogni fratello e sorella che incrociamo sulla nostra strada per fare con loro il cammino insieme cioè fare SINODO.
Buon presepe con occhi nuovi!
don Natale
5 dicembre 2021
TUTTA BELLA SEI, O MARIA
Nel cammino dell’Avvento incontriamo, ogni anno, con la solennità dell’Immacolata Concezione, la figura di Maria la mamma di Gesù e la mamma di tutti noi. I santi avevano capito quanto la presenza della Madonna fosse importante nel cammino della vita cristiana. Essi dicevano convinti che per andare da Gesù il modo più diretto e sicuro è quello di farci accompagnare dalla materna assistenza di Maria. Tanti poeti e donne e uomini semplici hanno cantato la bellezza di Maria. Fra tutti, in quest’anno del 700 centenario ricordiamo il sommo poeta Dante Alighieri che così la canta nell’ultimo canto del Paradiso e di tutta la Divina Commedia: “Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. E ci ammonisce ricordandoci: “Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz’ali”.
Maria poi è la donna che così è presenta da Giovanni nel libro dell’Apocalisse: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”. Questa visione ha ispirato tante immagini della Madonna che troviamo in ogni nostra chiesa, perché non c’è chiesa cattolica o ortodossa che non abbia o una statua o un affresco o un quadro o una icona che ci ricordi che Maria è sempre accanto a noi nella nostra vita. Eppure tutte le immagini che sono stata fatte dai più grandi artisti pur bellissime quando sono state presentate a coloro che avevano avuto il dono di aver veduto Maria Santissima nelle apparizioni continuavano a dire: “Si questa immagine è bella, ma Maria e molto molto più bella”.
Entrando nel clima spirituale dell’Avvento, in questo tempo di attesa carico di speranza e di tenerezza è bello sapersi accompagnati, tenuti per mano, da Maria. Mi sono trovato più volte a contemplare la statua della nostra Madonna della Salute in Cattedrale e ho osservato un particolare, molto significativo, che mi pare traduca plasticamente tutto l’amore e l’affetto che la Madonna ha verso di noi suoi figli. Ella ha preso sul serio il compito che Gesù le ha affidato dall’alto della Croce quando le ha chiesto di esserci Madre di tutti noi. Nella statua in cattedrale il Bambino Gesù si volge a noi con gli occhi vispi e con il sorriso dolce e accogliente, il volto di Maria è più raccolto e oserei dire un po’ preoccupato. Mi pare di poter dire che Maria, come ogni mamma, si preoccupa per la nostra salute per quella fisica ma soprattutto quella spirituale. Colgo nel suo sguardo sereno eppure attento l’invito che ha fatto ai servi alle nozze di Cana, accortasi che era venuto a mancare il vino (che è simbolo della gioia profonda del cuore in pace) ha detto ai servi come dice a tutti noi: “Fate tutto quello che lui (Gesù) vi dice”. Questo ripete anche a noi in questo tempo di prova e di grandi cambiamenti epocali sapendo che solo facendo quello che Gesù ci dice nel suo Vangelo e nella sua Chiesa saremo felici e nel corpo e nello spirito. Così, in questa festa dell’Immacolata un canto che tante generazioni di fedeli hanno cantato e continuano a cantare e con gioia e speranza grande, con affetto e fiducia anche noi ora cantiamo:
“Dell’aurora tu sorgi più bella,
e ora Coi tuoi raggi a far lieta la Terra,
E tra gli astri che il cielo rinserra
Non v’è stella più bella di te.
Bella tu sei qual sole,
Bianca più della Luna,
E le stelle più belle,
Non son belle al par di Te.
don Natale
28 NOVEMBRE 2021
AVVENTO: “VEGLIATE”
Con questa domenica, 28 novembre, inizia il tempo dell’Avvento. È questo un tempo particolare e di grande forza evocativa. Vorrei dire che abbiamo bisogno di questo tempo dell’Avvento sempre, ma in modo particolare in questa stagione della storia segnati come siamo dalla presenza della pandemia che non si decide a lasciarci ma anzi quando sembra che se ne vada si reinventa con un’altra variante sempre più insidiosa e resistente. La chiesa ci ripropone questo tempo di Avvento e lo caratterizza con delle parole chiavi la prima delle quali è VEGLIARE. Ci sono parole, come questa, che quando risuonano hanno la capacità di dar vita a un mondo di emozioni, disegnare orizzonti, rievocare immagini e sentimenti, ma anche paure e speranze.
“Vegliate” cioè attendere. Vegliate risuona nel momento stesso in cui attorno a noi la natura, sfinita dopo averci consegnatoi frutti, si addormenta nel sonno dell’inverno e le giornate vedono diminuire la luce e crescere la notte. Non a caso è in questi giorni che la Chiesa inizia la liturgia dell’Avvento, questi sono i giorni nei quali la luce è desiderata e invocata più che mai, fino a Natale che, tradizionalmente, è il giorno nel quale il sole e la sua luce tornano a vincere le tenebre. La nostra vita umana e spirituale, con i suoi tempi e le sue stagioni forma un tutt’uno con il ritmo della natura. Riconoscere l’Avvento in tutto quello in cui c’è un alito di vita, significa comprendere che in ogni cosa c’è un’attesa, ogni essere contiene in sé un avvenire, ogni vivente attende una venuta. In tutto questo si iscrive l’attesa di noi cristiani che invochiamo il Veniente, facendosi voce di ogni creatura: “Marana tha! Vieni, Signore Gesù!”. Umani, animali, creature animate e inanimate, tutto e tutti attendiamo, tutto e tutti gemiamo nell’attesa. Niente e nessuno è privo di attesa. Per questo, entrare nello spirito dell’Avvento significa accedere a una dimensione dello spirito che ci appartiene. Non c’è vita piena là dove non c’è capacità e volontà di vegliare.
“Vegliate!” significa prendersi cura. L’Avvento è il tempo dell’uomo e della donna che lottano contro lo spirito della noncuranza che si manifesta in tanti e diversi modi. Si manifesta come indifferenza e insensibilità verso le persone, come superficialità nei rapporti, disinteresse verso le situazioni e i momenti, inconsapevolezza del peso delle parole e del valore del linguaggio, incuria degli oggetti, trascuratezza dei luoghi. La negligenza, porta alle piccole e ripetute omissioni, a tralasciare e a rinviare all’infinito le cose. La noncuranza è di chi ha un smisurato amore per sé. Esistere solo per sé stessi e questo porta a non vedere l’altro che se stesso e a non prendersi cura dell’altro del mio prossimo. Come credente, come posso attendere il Signore se non mi accorgo di chi mi vive accanto?
“Vegliate!” è un ordine. Questa parola del Signore contiene in sé tutta l’intensità di un imperativo. Gesù non fa una semplice esortazione, ma dà ai suoi discepoli e a noi un comando, e dice: “Fino al mio ritorno il vostro modo di essere credenti e il vostro modo di stare nel mondo sia un vegliare, sia un’attendermi nella notte”. Riflettendo sul fatto che Gesù ci ha collocati non in pieno giorno ma nella notte egli ci ha dato l’unica cosa necessaria nel buio, una lampada: “La tua parola è lampada ai miei passi” (Sal.119,105). Disponiamo solo della piccola fiamma di una lampada. Ma una fiamma non illumina tutto, non permette di vedere tutto ma solo quanto basta per muove i passi. Per questo, la nostra fede, come la Parola che la genera, è solo una piccola fiamma che non permette di vedere tutto come in piena luce, non possiede la chiarezza su tutto, e dunque non dà certezze incrollabili, non offre verità assolute da imporre con forza, non permette l’arroganza di chi presume di possedere tutta verità. I credenti nella notte cercano la verità con la stessa fatica con la quale nel buio si cerca il cammino: a tentoni, spesso sbagliando e andando fuori strada. Vegliare in questo Avvento sarà dunque per noi rimanere credenti nella notte. Essere credenti nella notte, come Gesù ci ordina, significa prendere coscienza che la notte è il tempo del silenzio. Gesù, istituendoci credenti nella notte, vuole che il suo vangelo si misuri con il silenzio della notte. Essere credenti in attesa significa, allora, stare nel mondo non come chi possiede già tutto e non ha nulla da aspettarsi, ma come coloro che mancano non solo di qualcosa, ma mancano dell’essenziale: del loro unico Signore.
BUON AVVENTO! don Natale
21 NOVEMBRE 2021
PAPA FRANCESCO: “BUONA VITA. TU SEI UNA MERAVIGLIA”
in 15 regole per una buona vita indicate da Francesco:
- Pensa, lì dove Dio ti ha seminato, spera! Sempre spera.
- Gesù ci ha consegnato una luce che brilla nelle tenebre: difendila, proteggila. Quell’unico lume è la ricchezza più grande affidata alla tua vita.
- Non arrenderti alla notte. Ricorda che il primo nemico da sottomettere non è fuori ma dentro di te. Pertanto, non concedere spazio ai pensieri amari, oscuri. Questo mondo è il primo miracolo che Dio ha fatto, e ha messo nelle nostre mani la grazia di nuovi prodigi.
- Coltiva ideali. Vivi per qualcosa che supera l’uomo. E se un giorno questi ideali ti dovessero chiedere un conto salato da pagare, non smettere mai di portarli nel tuo cuore. La fedeltà ottiene tutto.
- Credi all’esistenza delle verità più alte e più belle. Confida in Dio Creatore, nello Spirito Santo che muove tutto verso il bene, nell’abbraccio di Cristo che attende ogni uomo alla fine della sua esistenza. Il mondo cammina grazie allo sguardo di tanti uomini che hanno aperto brecce, che hanno costruito ponti, che hanno sognato e creduto; anche quando sentivano parole di derisione.
- Non pensare mai che la lotta che conduci quaggiù sia inutile. Alla fine dell’esistenza non ci aspetta il naufragio: in noi palpita un seme di assoluto. Dio non delude. Se ha posto una speranza nei nostri cuori, non la vuole stroncare con continue frustrazioni. Dio ci ha fatti per fiorire.
- Ovunque tu sia, costruisci! Se sei caduto, alzati! Non restare mai a terra, alzati, lasciati aiutare per tornare in piedi. Se sei seduto, mettiti in cammino! Se la noia ti paralizza, scacciala con le opere di bene! Se ti senti vuoto o demoralizzato, chiedi che lo Spirito Santo possa riempire il tuo nulla.
- Opera la pace in mezzo agli uomini. E non ascoltare la voce di chi sparge odio e divisioni. Gli esseri umani, per quanto siano diversi gli uni dagli altri, sono stati creati per vivere insieme. Nei contrasti, pazienta: un giorno scoprirai che ognuno è depositario di un frammento di verità.
- Ama le persone. Amale a una a una. Rispetta il cammino di tutti, lineare o travagliato che sia. Ciascuno di noi ha una storia unica e insostituibile. Ogni bambino che nasce è la promessa di una vita che ancora una volta si dimostra più forte della morte. Ogni amore che sorge è una potenza di trasformazione che anela alla felicità.
- E soprattutto, sogna! Non avere paura di sognare. Sogna un mondo che ancora non si vede, ma che di certo arriverà. La forza della nostra speranza è credere a una creazione che si estende fino al suo compimento definitivo, quando Dio sarà tutto in tutti. Gli uomini capaci di immaginazione hanno regalato all’umanità scoperte scientifiche e tecnologiche. Gli uomini e le donne che hanno coltivato speranze sono anche quelli che hanno vinto la schiavitù, e portato migliori condizioni di vita per tutti. Pensa a questi uomini e a queste donne.
- Sii responsabile di questo mondo e della vita di ogni uomo. Pensa che ogni ingiustizia contro un povero è una ferita aperta, e sminuisce la tua stessa dignità. La vita non cessa con la tua esistenza. Ogni giorno domanda a Dio il dono del coraggio. Ricordati che Gesù ha vinto per noi la paura. Lui ha vinto la paura! La nostra nemica più infida non può nulla contro la fede.
- E quando ti troverai impaurito davanti a qualche difficoltà della vita, ricordati che tu non vivi solo per te stesso. Nel Battesimo la tua vita è già stata immersa nel mistero della Trinità e tu appartieni a Gesù. E se un giorno ti prendesse lo spavento, o tu pensassi che il male è troppo grande per essere sfidato, pensa semplicemente che Gesù vive in te. Ed è Lui che, attraverso di te, con la sua mitezza vuole sottomettere tutti i nemici dell’uomo: il peccato, l’odio, il crimine, la violenza.
- Abbi sempre il coraggio della verità. Però ricordati: non sei superiore a nessuno. Anche se tu vivessi nel silenzio di un eremo, porta nel cuore le sofferenze di ogni creatura. Sei cristiano, e nella preghiera tutto riconsegni a Dio.
- Se sbagli, rialzati. Nulla è più umano che commettere errori. Ma quegli stessi errori non devono diventare per te una prigione. Non rimanere ingabbiato nei tuoi sbagli. Il Figlio di Dio è venuto non per i sani, ma per i malati: quindi è venuto anche per te. Perché Dio è tuo amico.
- Se ti colpisce l’amarezza, credi fermamente in tutte le persone che ancora operano per il bene. Impara dalla meraviglia, coltiva lo stupore. Vivi, ama, sogna, credi. E, con la grazia Dio, non disperare mai. don Natale
14 NOVEMBRE 2021
NON STANCHIAMOCI DI FARE IL BENE
Nel percorso iniziato in questo anno pastorale con il cammino sinodale una delle domande che ci poniamo riguarda le conseguenze della pandemia, che un po’ ci demoralizza, poi un po’ sembra rasserenarsi, ma poi ritorna la paura. Tutto ciò crea uno stato di stress, di ansia e alla fine una stanchezza, più che fisica, mentale e spirituale. A ben vedere adesso incominciamo ad accorgerci di quelle che sono le conseguenze della pandemia e come sia vero che essa non ci lascerà come ci ha trovati: ci lascerà o meglio o peggio. Papa Francesco nella sua catechesi settimanale riflettendo sul cammino impegnativo ma affascinante, che è la vita cristiana, dichiarava che non possiamo permetterci alcuna stanchezza nel fare il bene. Non stancatevi di fare il bene. E ci invitata a fare ricorso alla forza e alla potenza dello Spirito Santo, dicendo: “dobbiamo confidare che lo Spirito viene sempre in aiuto alla nostra debolezza e ci concede il sostegno di cui abbiamo bisogno. Dunque, impariamo a invocare più spesso lo Spirito Santo! Qualcuno può dire: “E come si invoca lo Spirito Santo? Quale è la preghiera dello Spirito Santo?”. La preghiera allo Spirito Santo è spontanea: deve nascere dal tuo cuore. Tu devi dire nei momenti di difficoltà: “Santo Spirito, vieni”. La parola chiave è questa: “vieni”. Ma devi dirlo tu con il tuo linguaggio, con le tue parole. Vieni, perché sono in difficoltà, vieni perché sono nell’oscurità, nel buio; vieni perché non so cosa fare; vieni perché sto per cadere. Vieni. Vieni. È la parola dello Spirito per chiamare lo Spirito. Impariamo a invocare più spesso lo Spirito Santo. Possiamo farlo con parole semplici, nei vari momenti della giornata. Ci farà bene pregare spesso: Vieni, Spirito Santo. E con la presenza dello Spirito noi salvaguardiamo la libertà. Saremo liberi, cristiani liberi, non attaccati al passato nel senso negativo della parola, non incatenati a pratiche, ma liberi della libertà cristiana, quella che ci fa maturare. Ci aiuterà questa preghiera a camminare nello Spirito, nella libertà e nella gioia, perché quando viene lo Spirito Santo viene la gioia, la vera gioia.
Domenica 24 ottobre è stata dichiarata beata Sandra Sabbatini, morta in un incidente stradale. Scriveva nel suo diario: “Sandra renditene conto! È tutto un dono! Abbi cura del regalo fattoti, rendilo più bello e pieno per quando sarà l’ora”. È la prima fidanzata beata. «È una profezia di cui abbiamo bisogno – spiega il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi – specialmente in questo tempo post-Covid». Quello di Sandra Sabbatini è un esempio di santità straordinariamente quotidiana. «Scelgo Te Signore e basta» un’altra delle fulminanti frasi della giovane riminese, che abbracciando Dio, non si è però chiusa in se stessa bensì si è aperta a tutto il mondo, a cominciare dai coloro che vivevano nella povertà, indigenza, fragilità, in una società malata. Nata a Riccione il 19 agosto 1961, Sandra a 12 anni incontra don Oreste Benzi e la comunità “Papa Giovanni XXIII”; due anni dopo partecipa ad un soggiorno per adolescenti sulle Dolomiti con disabili gravi, dal quale ritorna con le idee chiare: «Ci siamo spezzati le ossa, ma quella è gente che io non abbandonerò mai». Si spende nel servizio per i disabili e per i tossicodipendenti, e va a cercare i poveri di casa in casa. Nel 1980 si iscrive alla facoltà di medicina all’Università di Bologna: uno dei suoi sogni è di essere medico missionario in Africa. Fidanzata con Guido Rossi dall’agosto 1979, anch’egli membro della Comunità Papa Giovanni, vivono insieme una relazione improntata ad un amore tenero e casto, alla luce della Parola. Dirà Sandra: «Oggi c’è un’inflazione di buoni cristiani, mentre il mondo ha bisogno di santi». Ha scelto Gesù come salvatore della sua vita, perché Gesù riempie di senso e bellezza la vita. E il suo esempio è una boccata di ossigeno puro per tutti, contro una vita ripiegata sull’individualismo, l’edonismo e il divertimento a tutti i costi. A 17 anni scrive: «Dire: sì, Signore, scelgo i più poveri, ora è troppo facile, se poi tutto resta come prima. No, ora dico: scelgo Te e basta». Ci fa bene conoscere persone come Sandra che nella “normalità” della loro vita hanno fatto risplendere la bellezza di seguire il Signore e di farlo con serenità, impegno e gioia.
don Natale
7 NOVEMBRE 2021
SAN GIUSTO
Nei ricordi della mia fanciullezza c’è anche il ricordo di una santa messa che veniva celebrata il 3 di novembre presto al mattino, prima dell’orario della scuola, nella chiesetta di San Giusto nell’incrocio tra via san Piero e via Confine. Chiesetta che è intitolata a Mafalda di Savoia morta in campo di concentramento a Buchenwald e in ricordo di tutti gli italiani morti nei campi di sterminio. Ricordo che ci incuriosiva che cosa ci fosse dentro a questa chiesetta che altrimenti era sempre chiusa e anche qualche caramella che ci veniva data come ricompensa del nostro servizio come chierichetti. Oggi che abbiamo la chiesa del Paludetto dedicata a San Giusto voglio rendere omaggio a questo santo ricordandone la vita e la testimonianza.
La Passio, ossia la narrazione del martirio, ci dice che Giusto era un uomo di fede, un cristiano che viveva ad Aquileia in epoca romana durante il regno di Diocleziano e Massenzio. Quando il governatore romano locale Mannaccio diede l’ordine ai cittadini di testimoniare la propria fede agli imperatori romani rinnegando quella nel cristianesimo, Giusto si rifiutò e per questo venne imprigionato. Nonostante la galera e le torture a cui fu sottoposto, non rinnegò la sua fede e venne allora condannato a morte. Fu gettato in mare davanti a Trieste, con dei pesi legati a mani e piedi che lo trascinarono subito a fondo. La leggenda vuole che quella stessa notte Giusto si presentò in sogno al sacerdote Sebastiano invitandolo a recuperare il suo corpo per dargli una degna sepoltura. E fu così: il giorno seguente, il corpo del martire fu ritrovato a riva senza corde e pesi e il sacerdote insieme ad un gruppo di cristiani lo seppellirono quindi in segreto in un cimitero vicino al luogo del ritrovamento. Nel X secolo i resti di San Giusto furono trasferiti in una basilica cristiana per lui costruita. Il colle dove sorge prese il suo nome e San Giusto divenne patrono della città. Nonostante Giusto subì il martirio il 2 novembre dell’anno 303, San Giusto Patrono di Trieste si festeggia il 3 novembre, giorno della sepoltura del corpo.
Noi concordiesi ci sentiamo collegati a San Giusto anche perché un anno dopo la sua morte nel 304 e sempre sotto la persecuzione di Diocleziano qui a Concordia vennero martirizzati i nostri Santi Martiri anch’essi testimoni della fede fino al sacrificio della propria vita.
Proprio mercoledì 3 novembre abbiamo avuto la prima Restituzione dell’Ascolto da parte dei Consigli Pastorali della nostra Unità Pastorale che segna il cammino verso l’Assemblea Sinodale. Con mercoledì prossimo 10 novembre daremmo l’avvio alla seconda fase dell’Ascolto da parte degli Operatori Pastorali, cioè di tutte persone che fanno parte di associazioni e gruppi che hanno un riferimento con la vita della Comunità Parrocchiale e anche a loro sarà chiesto di riflettere sulla situazione attuale della vita cristiana e sociale e di indicare quanto fare ed essere perché le nostre comunità siano testimoni credibili e gioiosi del Vangelo oggi e qui nel nostro territorio.
Il Papa nell’esortarci a intraprendere questo cammino sinodale fa riferimento a S. Paolo nella lettera ai Galati dove ci esorta a “camminare secondo lo Spirito”, “lasciarsi guidare” da Lui. Sono espressioni che indicano un’azione, un movimento, un dinamismo che impedisce di fermarsi alle prime difficoltà, ma provoca a confidare nella «forza che viene dall’alto». Percorrendo questo cammino, il cristiano acquista una visione positiva della vita. Ciò non significa che il male presente nel mondo sia come sparito, o che vengano meno gli impulsi negativi dell’egoismo e dell’orgoglio; vuol dire piuttosto credere che Dio è sempre più forte delle nostre resistenze e più grande dei nostri peccati. E questo è importante! Invochiamo San Giusto, invochiamo i nostri Santi Martiri perché ci sostengano in questo cammino sinodale e perché noi sappiamo camminare secondo lo Spirito e a lasciarci guidare da lui.
Vieni Santo Spirito,
riempi i cuori dei tuoi fedeli
e accendi in essi il fuoco del tuo amore.
don Natale
31 ottobre- 2021 –
I° novembre: SOLLENITA’ DI TUTTI I SANTI
2 novembre: COMMEMORAZIONE DEI CRISTIANI DEFUNTI
La tradizione nella sapiente saggezza della Chiesa ha messo vicino queste due ricorrenze a ricordarci da una parte la mèta della nostra vita che è in cielo con i santi e dall’altra ricordarci il nostro impegno di cristiani di pregare per i defunti coloro che hanno condiviso un pezzo di strada e ora ci sono passati avanti oltre la morte. Dei Santi ricordiamo il loro esempio: cioè come hanno tradotto nella loro vita il Vangelo e come hanno “convertito” la loro esistenza seguendo Gesù. Ricordiamo i Santi del calendario e i “santi della porta accanto” come li chiama il Papa, cioè di tutte quelle persone che hanno cercato di vivere amando Dio e amando e servendo i fratelli. La via della santità infatti si costruisce ponendoci la domanda: “Cosa farebbe Gesù se fosse al mio posto, come si comporterebbe?”, sono convinto che questa è una buona “ricetta” per intraprendere la via della santità. Ma la santità nasce da una premessa fondamentale che possiamo tradurre così: “Prendo coscienza che sono amato da Dio e per questo cerco di amare il Signore e in lui il prossimo”. Infatti come nella vita il sapere di essere amati da qualcuno ci trasforma la vita, così renderci conto di essere amati dal Signore (e Lui ci ama gratuitamente e per il solo fatto che Lui ha scelto di amarci senza chiedere niente a noi) ci cambia la vita e ci fa “diventare santi”, cioè consapevoli di essere figli di Dio e da lui amati. San Paolo ci dice che lo Spirito Santo che abita in noi Lui ci suggerisce come rivolgerci a Dio chiamando: “Abba- papà”. Un santo diceva che la più grande tristezza e quella di non essere santi, ma che c’è sempre tempo almeno per provarci a diventare santi.
Nella Commemorazione dei cristiani defunti siamo richiamati a ricordare i nostri defunti pregando per loro. C’è un parroco che al termine di ogni funerale ripete questo ammonimento: “I nostri morti ci dicono di non dimenticarci di pregare per loro”. L’ultimo saluto che si dice in friulano ai defunti è: “Visaivi di nu denant al Signor” (ricordatevi di noi davanti al Signore). In tempi passati nel giorno dei morti si suonavano le campane durante tutta la notte a ricordare a tutti di pregare per i nostri defunti. Ma anche ogni sera la campana ci ricorda di recitare un “L’eterno riposo” per i defunti. Pregare per i defunti è secondo quello che dice la Bibbia una cosa lodevole e degna e il pensiero della morte ci aiuta a vivere e a vivere nel bene.
Abbiamo inviato alle famiglie, tramite i bambini delle elementari, un lumino e una preghiera per i defunti ma ricordiamo che sarebbe bello sia il giorno di tutti i Santi alle ore 15,30 e il giorno dei defunti alle ore 20,30 ritrovarsi in cimitero sia per la santa Messa che per la recita del s. Rosario ricordando i defunti.
Riporto qui una preghiera che ci può aiutare a rivolgerci al Signore in questi due giorni: “Non guardare, Signore, alle tante povertà, miserie e debolezze umane di noi che ci presentiamo a Te. Volgi su di noi il tuo sguardo pietoso che nasce dalla tenerezza del tuo cuore e aiutaci a camminare sulla strada del tuo Vangelo. Ti affidiamo, Signore le anime dei nostri cari, nessuno abbia da temere di incontrare Te dopo il pellegrinaggio terreno nella speranza di essere accolto nelle braccia della tua infinita Misericordia. Sorella morte corporale ci trovi vigilanti nella preghiera e carichi di ogni bene fatto nel corso della nostra breve o lunga esistenza. Signore, niente ci allontani da te su questa terra ma tutto e tutti ci sostengano nell’ardente desiderio di riposare serenamente ed eternamente in te. Amen”
don Natale
24 ottobre- 2021
TENERE L’ANTICA STRADA DEL VANGELO,
MA FARE VITA NUOVA NELL’ANNUNCIO
Con un bel momento di comunità cristiana, raccolta in piazza Costantini, domenica scorsa abbiamo iniziato IL CAMMINO SINODALE TUTTI INSIEME. Desidero ribadire da questo foglio alcuni passaggi che ci guideranno durante questi due anni fino alla ASSEMBLEA SINODALE DELLA NOSTRA DIOCESI nel 2023.Partiamo con il ricordare che il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo egli ci da la gioia per andare avanti insieme, per ascoltarci reciprocamente e per vivere questo tempo che è tempo di grazia perché abitato dal Signore. “Se non ci sarà lo Spirito non ci sarà alcun cammino sinodale”.
Con quali atteggiamenti ci proponiamo di vivere questo cammino sinodale?
Confidente e affettuosa preghiera di invocazione allo Spirito Santo. Ci impegniamo ad aprire e a chiudere ogni giorno, come anche ogni nostra riunione con questa invocazione: “Vieni Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore”.
Lasciamoci mettere in discussione dalla novità dello Spirito Santo: quindi rinnovare il nostro modo di essere testimoni del Vangelo di Gesù per annunciarlo alle nuove generazioni. Papa Francesco ci ricorda: “Se pretendiamo di annunciare la fede come per il passato arrischiamo di non essere più compresi dalla nuove generazioni”. Bisogna che abbandoniamo il “Si è sempre fatto così” per lasciarci guidare dalla fantasia dello Spirito che ci dice come incontrare oggi e qui il linguaggio e la vita delle nuove generazioni a cui annunciare il Signore.
Mettiamoci in cammino, non da soli, ma insieme lo Spirito e noi. Sinodo infatti significa camminare insieme. Quale sarà lo stile di questo camminare insieme?
VICINANZA. Il tempo della pandemia ci ha obbligato al distanziamento fisico tra le persone, che ha prodotto in noi anche un distanziamento più pericoloso che è quello morale e spirituale. Viviamo un tempo di distanziamento dagli altri che è anche un tempo di distanziamento dal Signore. Ora è il tempo di rimetterci in cammino insieme. Vicinanza è anche dunque impegno a incoraggiarci, a sostenerci, a invitarci a vicenda, un amichevole: “Dai che endemo insieme”. Facciamoci l’uno per l’altro invito nella vicinanza e nella fraternità.
MISERICORDIA. Papa Francesco ha inventato un neologismo dicendo che siamo stati tutti MISERICORDIATI cioè Dio fa dono a tutti della sua benevolenza e della sua misericordia, così allora, proprio perché misericordiati, impariamo a essere misericordiosi e a perdonarci a vicenda. Infatti come potremmo camminare insieme se siamo in contrasto, in astio, in baruffa con colui che ci cammina a fianco? Questo allora è il tempo della riconciliazione, del fare la pace, del donare il perdono. Non possiamo essere cristiani se il rancore contro il prossimo dimora nel nostro cuore. L’invito: “Dai che fasemo a pase” è l’invito per rimetterci in cammino insieme.
TENEREZZA. Uso questo termine che mi pare il più adatto per ritornare a guardare al creato proprio con la tenerezza del cuore. Ogni giorno purtroppo sperimentiamo i risultati funesti per quanto abbiamo rovinato, sfruttato, deturpato il creato. L’impegno a camminare insieme ci chiede di prenderci cura della salvaguardia del creato e farlo con tenerezza come ci prenderemmo cura di un bambino malato e sofferente. Lo Spirito Santo ci accompagni, di dia forza e fantasia e creatività nella saggezza per fermare la devastazione e consegnare a chi verrà dopo di noi il giardino che Dio ci ha preparato perché lo godessimo insieme. “Basta ruvinà chel che el Signor ne a preparà”.
Così nel cammino sinodale teniamo l’antica strada
che il Vangelo ci dona,
ma facciamo una vita nuova
per essere compresi dalle nuove generazioni.
don Natale
17 ottobre- 2021
XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
INSIEME VERSO IL SINODO
“RIMESSI IN CAMMINO DAL RISORTO”
Papa Francesco ha indetto per l’anno 2025 –anno santo della Redenzione del Signore Gesù– un Sinodo straordinario per tutta la Chiesa cattolica. Egli chiede che ogni diocesi si metta in ascolto di quello che lo Spirito Santo dice e quello che egli ci indica attraverso la sua azione in mezzo a noi. Il Papa ha chiesto che questo processo abbia dei tempi e dei passaggi diversi a incominciare dall’ascolto e dalla riflessione del popolo di Dio che è chiamato a rendere ragione di quanto nella vita di ogni giorno percepisce dell’azione delle Spirito Santo che agisce con noi e tante volte anche nonostante noi sulle strade della storia. Sinodo significa camminare insieme, camminare sulla stessa strada impegnati a tradurre nel qui e nell’ora la bellezza e la forza del Vangelo di Gesù. Così anche alla nostra diocesi il Vescovo Giuseppe ha chiesto di iniziare questo cammino insieme ponendoci in ASCOLTO di tutti coloro che vorranno esprimere: osservazioni, critiche, attese, indicazioni e tutto ciò che può essere utile sia per una verifica e poi per orientare l’essere comunità cristiana in questo mondo che cambia e che ora è profondamente trasformato dalla dolorosa prova della pandemia.
Così siamo chiamati a fare giungere i nostri pareri tramite la parrocchia e l’Unità Pastorale alla Diocesi che li vaglierà e raccolti diverranno premesse fondamentali per una seria e approfondita analisi e per condividere alcune decisioni che indicano per dove camminare insieme in futuro sotto l’azione dello Spirito Santo.
Anche il titolo che ci guiderà in questi due anni è già di per sé significativo: “RIMESSI IN CAMMINO DAL RISORTO” quest’anno sarà fatta attenzione all’ASCOLTO e il prossimo anno alla SINODALITA’. Verremo a proporre domande alle quali chiediamo che sia come singolo che come gruppo – famiglia, associazioni, gruppi sportivi, di aggregazione ecc. – si risponda con libertà, in maniera anonima e anche si cerchi di indicare “concretamente” alcune proposte da mettere in atto per conseguire soluzioni nella situazione attuale. Vi pongo intanto quattro domande che riguardano i quattro ambiti del percosso di ascolto dell’Assemblea Sinodale sulle quali incominciare a riflettere e provare a formulare alcune risposte. Ecco le quattro domande:
- IL CORAGGIO DI CAMBIARE: Cosa deve cambiare nelle nostre comunità perché la proposta del Vangelo possa incontrare le situazioni e le attese della gente?
- IL BATTESIMO SORGENTE DELLA FEDE: Quali proposte fare perché ci sia una formazione e una “catechesi” come “esperienza di fede” nella vita dei battezzati?
- IL RINNOVAMNETO DELLA PASTORALE CON SCELTE AUDACI: Come desidereresti che le famiglie, gli sposi, i genitori, i giovani e gli anziani siano aiutati a vivere la concretezza della loro fede?
- IL MINISTERO DEI SACERDOTI DEI RELIGIOSI E RELIGIOSE: Da alcuni suggerimenti pratici perché sia più evangelico il servizio pastorale dei preti e dei religiosi e delle suore.
Queste quattro domande con delle specificazioni ulteriori saranno anche fatte oggetto della riflessione dei vari gruppi e associazioni parrocchiali, ma è importante che ciascuno rifletta personalmente per dare risposte secondo la propria sensibilità
GRAZIE SE LEGGERAI E DOPO AVER LETTO PROVI A FORMULARE ALCUNE
RISPOSTE.
don Natale
10 ottobre- 2021
DUTRINA O CATECHISMO
Chi ha la mia età si ricorderà che noi si andava non a Catechismo ma a Dutrina. Non si tratta solo di un cambiamento di nome ma soprattutto di un modo diverso di trasmissione della fede cristiana. Dutrina diceva che il primario compito era quello di insegnare quelli che sono i contenuti della vita del cristiano: i sacramenti, i comandamenti, le virtù cristiane, le regole di un bravo cristiano, le preghiere, la partecipazione alla S. Messa la domenica, la confessione, e naturalmente comportarsi bene con il Signore e con il prossimo. Catechismo si indirizza più specificamente sulla esperienza da fare per la fede attraverso l’accompagnamento all’incontro con Gesù, attraverso la conoscenza della Bibbia, la partecipazione diretta alla vita della comunità e la testimonianza di persone che hanno mostrato e mostrano nella loro vita come concretamente sia possibile seguire il vangelo. Se un tempo coloro che facevano dutrina erano più insegnanti che dovevano trasmettere nozioni, concetti oggi i catechisti sono chiamati ad essere testimoni e accompagnatori ad incontrare Gesù. Questo è il loro servizio: fare in modo che i bambini, i ragazzi e i giovani, a secondo della loro capacità, possano vivere un’esperienza diretta di incontro con Gesù. Quel Gesù che attraverso la sua vita, passione, morte e risurrezione ci ha donato gratuitamente la salvezza; infatti è solo incontrando Lui che noi siamo salvati, perdonati, amati. Nella programmazione del cammino del catechismo è a questi atteggiamenti e su questi punti di riferimento che dobbiamo cercare di impostare la trasmissione della fede cristiana. A questo proposito ci sono delle priorità che non vanno dimenticate e che costituiscono l’insieme della catechesi.
La Famiglia rimane la prima e indispensabile “Catechista” nella vita del ragazzo. E’ infatti in famiglia che si “vivono vedendoli” i principali riferimenti del nostro rapporto con il Signore. E’ dall’esempio e dal clima di famiglia che si respira che viene a formarsi la coscienza del nostro rapporto con il Signore. Così nel percorso di catechismo abbiamo cercato di tenere presente questo e proponiamo qualche “aiuto” perchè la famiglia possa esprimere al meglio il suo fondamentale servizio di “catechista” prima.
La Comunità cristiana nella sua vita, nelle sue scelte, nel suo incontrarsi, nel suo celebrare, nel suo tradurre nella concretezza e nella quotidianità il vangelo di Gesù è la seconda “Catechista”. Da qui si capisce che è nella partecipazione attiva alla storia della comunità che si fa conoscenza e esperienza dell’incontro con Gesù. Mandare i ragazzi a catechismo senza poi “portarli” a vivere insieme la vita della comunità è un togliere la concretezza della esperienza vera e bella della vita cristiana.
Il Catechismo. Esso è un validissimo aiuto e alle famiglie e ai ragazzi per un accompagnamento nella via della fede così tra famiglie, ragazzi e catechisti ci deve essere un patto di leale collaborazione e onestà. Sappiamo bene che la gran parte dei nostri ragazzi hanno molteplici attività pomeridiane (lo studio, lo sport, “anzi gli sport”, e altre attività di interesse personale …) che comportano delle scelte per trovare il tempo anche per il catechismo come formazione cristiana dei ragazzi e non solo come preparazione per la celebrazione dei sacramenti.
Da un rapido conteggio si viene a scoprire che gli incontri di catechismo per quest’anno sono dal 15 – 18 per un’ora alla settimana. Insieme con i catechisti abbiamo fatto una verifica il percorso di catechesi proposto per l’anno scorso, un percorso diciamo di emergenza per mantenere il rispetto delle regole imposte a causa della pandemia. Abbiamo costatato che nelle elementari c’è stata una buona partecipazione, mentre man mano che si saliva con gli anni nelle medie e nelle superiori la frequenza è andata sempre più diminuendo, vogliamo sperare che ritornando un po’ alla “normalità” si possa ritornare anche ad una positiva partecipazione agli incontri di catechismo. Abbiamo anche “inventato” alcune proposte che invitiamo a prendere in considerazione e che vi saranno illustrate nei prossimi incontri dei genitori. Sappiamo come sia importante un continuativo accompagnamento formativo, spirituale e di amicizia nel catechismo al quale sono da affiancare le altre belle proposte dell’Oratorio e delle Associazioni dell’AC e dell’Agesci, sono da valorizzare e da accogliere con gratitudine come servizio alla famiglia nell’educazione dei figli. Affidiamo quest’anno pastorale all’intercessione dei santi protettori delle nostre parrocchie e ai santi Martiri concordiesi insieme con la Vergine Maria ci siano accanto con il loro aiuto e la loro protezione. Buon inizio dell’anno catechistico!
don Natale
3 ottobre- 2021
L’È DA VARDA’ SENPRE DAVANTI
Con il mese di settembre -ottobre si riprendono un po’ tutte le attività e soprattutto si fanno le programmazioni a breve e a lungo termine. In genere si parte da grandi aspettative e bei propositi che poi si ridimensionano da soli perché di quanto progettato si riesce a mantenere solo una parte, ma è giusto puntare in grande per poi affidarci alla buona volontà e alla disponibilità della gente e soprattutto all’aiuto del Signore. Ci sono però delle avvertenze da tenere presente che mi piace ricordare qui all’inizio dell’anno sinodale.
“Vardà senpre davanti”. Mi ricordo che quando ci insegnavano ad andare in bicicletta e magari a casa c’era solo la bicicletta del papà ed era da uomo, bisogna mettere la gamba sotto il ferro della bicicletta e correre di traverso e la raccomandazione che ci gridavano dietro era: “Varda davanti, no sta vadà ndrio par no coà e no ndì a sabati”. L’insegnamento si rivela valido anche per le iniziative da prendere, non bisogna fermarsi al passato e guardare indietro, è doveroso guardare avanti perché il mondo, la gente, la storia e noi siamo diversi, siamo cambiati, il passato è passato, e non ci si può fermare dicendo: “ven senpre fat cussì, cosa ocoreo cambià”. Invesi ocor cambià se non se va a sbati”.
“L’è el ciaf che ven da cambià”, cioè è da cambiare mentalità. E cambiare è faticoso si dice bisogna “convertirsi” per credere alla verità del Vangelo. Allora iniziando un nuovo anno pastorale dobbiamo chiederci come e dove dobbiamo convertirci perché il nostro cammino sia veramente secondo la volontà di Dio e siamo docili a quello che lo Spirito Santo ci viene suggerendo e mostrando.
“L’è da ciaminà insieme, no ognun par cont sovo” che tradotto significa camminare insieme – camminare in sinodalità. Questi anni infatti saranno all’insegna della sinodalità, stiamo preparandoci alla Assemblea Sinodale Diocesana che ci porterà al grande Sinodo di tutta la Chiesa nell’anno della Redenzione del Signore il 2025. Quest’anno questo percorso sinodale sarà incentrato sull’ASCOLTO di tutti coloro che desiderano contribuire a dire la loro in merito a due domande.
- 1. ANALISI: quali cambiamenti (sia in positivo che in negativo) hai notato nelle realtà civile e in quella religiosa in questi ultimi anni; cambiamenti che la pandemia ha messo più in evidenza ma che erano incominciati da un po’ di anni? Che valutazione dai di essi?
- 2. DISCERNIMENTO: indica quali attività sia nella pastorale ordinaria, che nella vita liturgica celebrativa e in quella della carità sono da assumere e promuovere nella comunità perché il Vangelo di Gesù possa giungere a tutti nella sua bellezza e genuinità?
Sarà nostra intenzione proporre queste due domande a tutti i gruppi, alle associazioni, alle aggregazioni di vario genere e ai singoli per avere una più ampia raccolta di risposte e ci sia un vero ASCOLTO senza alcuna preclusione di persone sia credenti che indifferenti o contrarie alla visione cristiana della vita. Una rispettosa analisi delle risposte ci aiuterà a rispondere con verità a quanto lo Spirito ci dice attraverso la sua azione nelle persone.
Buon inizio dell’anno sinodale
don Natale
26 settembre – 2021
“NON CI SONO PIÙ PROFETI…” (Salmo 74)
Alla amara costatazione del Salmo fa da contrasto il fiducioso e aperto desiderio di Mosè che nella I° lettura di questa domenica nel libro dei Numeri in risposta a Giosuè che si lamentava perché nell’accampamento c’erano due che profetizzavano senza autorizzazione risponde: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo Spirito”. La Chiesa sotto la guida di Papa Francesco, la nostra Chiesa Diocesana e le nostre Comunità locali sono tutte chiamate a intraprendere un SINODO (cammino insieme e forti del dono dello Spirito che il Signore dona a tutti). Non possiamo negare che il clima sociale nel quale operiamo è completamente mutato: viviamo in un cambio d’epoca, in una situazione di confusione diffusa, nella quale la menzogna è passata come verità e la verità come menzogna. Molti si propongono come salvatori e indicano cammini di guarigione e salute, vie facili e accessibili di felicità a prezzi favorevoli e con poca fatica. L’annuncio del Vangelo stenta ad attecchire e le diverse proposte pastorali non intercettano come prima i fedeli. Questa situazione ci sollecita a vivere la crisi come una nuova forma profezia. Quali sono i segni di questa presenza profetica?
La fraternità. Quando papa Francesco scrive un’enciclica dal titolo molto espressivo di “Fratelli tutti” ci indica che la profezia che questi tempi esigono è il riconoscerci tutti fratelli, e quindi il trattarci come fratelli, il condividere la nostra esistenza nel segno della fraternità universale. Pensiamoci questa è la profezia che di cui la nostra società e la Chiesa sente il bisogno e l’urgenza la fraternità universale.
Annunciare il Vangelo come diceva San Francesco “sine glossa” nella sua radicalità, in maniera diretta e senza sconti, non è forse vera profezia? Dare testimonianza con la vita del Vangelo dire quella parola scomoda che può anche inquietare e mettere in crisi le mondanità anche di tanti cristiani? Non è ancora vera profezia? Il vero profeta è l’uomo che sa piangere sul popolo che abbandona la verità, ma è anche un uomo di speranza, perché è un orante, uomo che prega: sa guardare Dio e il suo popolo, apre le porte, risana le radici e l’appartenenza al popolo di Dio, sa donare la propria vita dentro un orizzonte di speranza.
Saper riconoscere il bene che ci viene incontro e non solo il male. Il male fa molto rumore, ma il bene cresce in maniera silenziosa. Occorre smascherare i falsi profeti che imperversano e illudono le persone, giocando sulla superficialità e una certa ignoranza. Non si tratta di essere pessimisti o ottimisti, ma di acquisire uno sguardo credente, un cuore pensante, mani che agiscono e operano il bene. Quanto bene fa la Chiesa al mondo con i suoi uomini e donne, non perfetti certamente, ma impegnati secondo le proprie possibilità! Occorre che i cristiani esercitino il loro ministero di profezia inscritto nel Battesimo che hanno ricevuto, e diventino più convinti della fede che professano. Forse la storia ci sta portando a ritornare ad essere un “piccolo resto”, un pugno di lievito che può far fermentare la pasta del mondo, uomini e donne, sacerdoti e laici, innamorati di Dio e a servizio della Chiesa e del mondo. Profeti? Si, perché credenti innamorati, fedeli alla storia, certi che essa è nelle mani amorose di Dio, che non perde nulla di ciò che ha creato.
Allora preghiamo perché diventiamo tutti docili alla presenza dello Spirito Santo
e profeti dell’amore in mezzo al popolo di Dio
don Natale
19 settembre – 2021
L’È ORA CHE TORNENI TUTI A SCUA
Da qualche giorno è ripresa la scuola e contrariamente a quello che si temeva è ripresa abbastanza bene, senza gravi difficoltà anche se la pandemia non aiuta certamente, ma almeno ci ha resi consapevoli di una cosa che bisogna prepararci e predisporre il più possibile tutto in anticipo. Facciamo gli auguri agli alunni e agli studenti, diciamo grazie agli insegnanti e a tutto il personale della scuola e aggiungiamo una raccomandazione alle famiglie a collaborare perché la scuola non è un parcheggio, ma è palestra dove si apprendono oltre che nozioni e conoscenze anche l’arte di vivere da cittadini e da abitanti del mondo. Vi e ci guidi tutti il Signore con il dono del suo Santo Spirito. Ma non è solo per i ragazzi e i bambini che con il mese di settembre inizia la scuola ma per tutti noi l’è timp de tornà a scua aa scua dea vita. Cosa intendo con questo?
- “Bisugna che torneni a dise bundì”, a dirlo con gli occhi puliti e il sorriso aperto, guardandoci in faccia e pronti a farci compagni di cammino e a vivere in amicizia.
- “Bisugna che torneni a damandarse tra de noi – astu bisugna de qual cosa” Cioè ad offrire gli uni gli altri il servizio e la disponibilità dell’aiuto fraterno e sarebbe bello anche riuscire ad anticipare le necessità degli altri. Ricordo che quando nel curtif in una famiglia veniva cucinato qualcosa di diverso le mamme ci mandavano nelle famiglie vicine con il piatto coperto da un tovagliolo a offrire quello che era stato cucinato dicendo: “Me mare a ve manda da sercia – buon disnà”.
- “Bisugna che torneni a ciapà in man el Vangelo e el rosario”. Per ricordare che nelle nostre famiglie bisogna che si torni a pregare e a mettere in partica il Vangelo. Che si riprenda la bella abitudine di iniziare e concludere la giornata con l’invocazione al Signore e invocare la protezione della Beata Vergine Maria e dei Santi. Si preghi per noi ma anche per gli altri. Scriveva San Paolo al suo discepolo e vescovo Timoteo: “Voglio che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza polemica”.
“Bisugna che torneni a voleghe ben aa Cesa e a parochia”. Il modo concreto di voler bene è prima di tutto quello di interessarsi di quello che viene proposto in parrocchia e poi cercare di parteciparvi. Quest’anno poi ci sarà chiesto di riflettere sul volto che vorremmo avesse la Chiesa e la vita cristiana a seguito della grande prova della pandemia. Ci sarà chiesto di vedere come ciascuno, in forza del battesimo, possiamo essere presenza attiva e operosa incoraggiati e sostenuti dalla forza dello Spirito Santo. Vorremmo che apparisse nella sua bellezza il volto splendente della Chiesa di fronte agli uomini e donne del nostro tempo.
- “Bisugna che torneni a iessi cristiani, ma cristiani veri come che Dio comanda”. Che si riassume nell’antico e sempre nuovo comandamento che Gesù ci ha consegnato: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Ecco auguriamo buon ritorno a scuola agli studenti e a tutti: “Buon ritorno alla scuola del Signore!”
don Natale
12 settembre ––INSIEME VERSO IL SINODO
“RIMESSI IN CAMMINO DAL RISORTO”
Papa Francesco ha indetto per l’anno 2025 –anno santo della Redenzione del Signore Gesù– un Sinodo straordinario per tutta la Chiesa cattolica. Egli chiede che ogni diocesi si metta in ascolto di quello che lo Spirito Santo dice e quello che egli ci indica attraverso la sua azione in mezzo a noi. Il Papa ha chiesto che questo processo abbia dei tempi e dei passaggi diversi a incominciare dall’ascolto e dalla riflessione del popolo di Dio che è chiamato a rendere ragione di quanto nella vita di ogni giorno percepisce dell’azione delle Spirito Santo che agisce con noi e tante volte anche nonostante noi sulle strade della storia. Sinodo significa camminare insieme, camminare sulla stessa strada impegnati a tradurre nel qui e nell’ora la bellezza e la forza del Vangelo di Gesù. Così anche alla nostra diocesi il Vescovo Giuseppe ha chiesto di iniziare questo cammino insieme ponendoci in ASCOLTO di tutti coloro che vorranno esprimere: osservazioni, critiche, attese, indicazioni e tutto ciò che può essere utile sia per una verifica e poi per orientare l’essere comunità cristiana in questo mondo che cambia e che ora è profondamente trasformato dalla dolorosa prova della pandemia.
Così siamo chiamati a fare giungere i nostri pareri tramite la parrocchia e l’Unità Pastorale alla Diocesi che li vaglierà e raccolti diverranno premesse fondamentali per una seria e approfondita analisi e per condividere alcune decisioni che indicano per dove camminare insieme in futuro sotto l’azione dello Spirito Santo.
Anche il titolo che ci guiderà in questi due anni è già di per sé significativo: “RIMESSI IN CAMMINO DAL RISORTO” quest’anno sarà fatta attenzione all’ASCOLTO e il prossimo anno alla SINODALITA’. Verremo a proporre domande alle quali chiediamo che sia come singolo che come gruppo – famiglia, associazioni, gruppi sportivi, di aggregazione ecc. – si risponda con libertà, in maniera anonima e anche si cerchi di indicare “concretamente” alcune proposte da mettere in atto per conseguire soluzioni nella situazione attuale. Vi pongo intanto quattro domande che riguardano i quattro ambiti del percosso di ascolto dell’Assemblea Sinodale sulle quali incominciare a riflettere e provare a formulare alcune risposte. Ecco le quattro domande:
- IL CORAGGIO DI CAMBIARE: Cosa deve cambiare nelle nostre comunità perché la proposta del Vangelo possa incontrare le situazioni e le attese della gente?
- IL BATTESIMO SORGENTE DELLA FEDE: Quali proposte fare perché ci sia una formazione e una “catechesi” come “esperienza di fede” nella vita dei battezzati?
- IL RINNOVAMNETO DELLA PASTORALE CON SCELTE AUDACI: Come desidereresti che le famiglie, gli sposi, i genitori, i giovani e gli anziani siano aiutati a vivere la concretezza della loro fede?
- IL MINISTERO DEI SACERDOTI DEI RELIGIOSI E RELIGIOSE: Da alcuni suggerimenti pratici perché sia più evangelico il servizio pastorale dei preti e dei religiosi e delle suore.
Queste quattro domande con delle specificazioni ulteriori saranno anche fatte oggetto della riflessione dei vari gruppi e associazioni parrocchiali, ma è importante che ciascuno rifletta personalmente per dare risposte secondo la propria sensibilità
GRAZIE SE LEGGERAI E DOPO AVER LETTO PROVI A FORMULARE ALCUNE
RISPOSTE. don Natale
5 settembre 2021 —-RIPARTIAMO
Si chiude la Festa dei Ragazzi n° 55 un successo in questo tempo di pandemia, una sfida vinta da don Daniele e da tutto il suo staff insieme con gli adulti e gli animatori. Le grida che dall’Oratorio hanno rallegrato da mattina a notte le vie della città di Concordia, le magliette indossate dai partecipanti che hanno colorato in lungo e in largo ogni angolo di Concordia, la gioia per le vittorie e la tristezza per le sconfitte, l’entusiasmo per la partecipazione, l’impegno ad esserci ad ogni costo con ogni tempo e in ogni appuntamento ha contaminato piccoli e grandi e intere famiglie di Concordia. L’orgoglio per appartenenza alla propria contrada e la grandezza di esserne parte, la necessità di condividere appassionatamente ogni sentimento di gioia e dolore, di esaltazioni e depressioni e che in una parola si chiama amore ha attraversato come un’onda impetuosa tutta Concordia. In fondo sono tutti sentimenti che chi non l’è de Cuncuardia nol po capì cos che l’è la fiesta dei ragassi è una cosa grande che contamina tutta la città e che quest’anno in particolare ha per noi il sapore di una ripartenza con entusiasmo e con grinta.
- Ripartiamo da Cristo. E’ da Gesù che prima di tutto dobbiamo ripartire perché è lui il fondamento, quella pietra angolare sulla quale poggiarsi per far ripartire la nostra vita cristiana. Chi se non da Cristo possiamo ritrovare forza ed entusiasmo per una ripartenza serena e forte. Anche noi come San Pietro ripetiamo: “Signore da chi andremo tu solo hai parole che danno pienezza alla vita”.
- Ripartiamo dalla Comunità. La nostra comunità si chiama Unità Pastorale Concordiese. Abbiamo imparato a camminare insieme poi la pandemia ci ha bloccato e ora, con tutte le cautele del caso, ma anche con coraggio e fiducia riprendiamo a ritrovarci insieme e soprattutto a fare progetti e sogni insieme.
- Ripartiamo “da me”. Ripartiamo cioè da ciascuno di noi, infatti solo se ciascuno metterà se stesso a disposizione di tutti, se ciascuno si disporrà a collaborare insieme agli altri, solo se ciascuno sarà capace di uscire dal proprio egoismo per diventare capace di condivisione, solo se l’io saprà fondersi con il noi allora potremmo ripartire alla grande con il Signore.
Proprio pensando alla ripartenza che i vescovi italiani così hanno scritto:
Vorremmo esprimere un sentimento di gratitudine con una carezza d’affetto verso i malati e quanti ancora soffrono per la pandemia; verso i medici e gli operatori sanitari, per la generosità nella cura e nell’assistenza alla persona; verso gli anziani, con l’invito a conservare e a raccontare la memoria del Paese; verso i poveri, con l’impegno a custodirli e curarli, non chiudendo gli occhi davanti alle vecchie e nuove marginalità; verso le famiglie, per la capacità di tenuta complessiva, messa a dura prova; verso i sacerdoti, come ringraziamento per il loro essere prossimi al Popolo di Dio; verso i catechisti, gli educatori, gli operatori pastorali, perché sono davvero maestri e testimoni; verso tutte le donne e gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti, perché in questo tempo di difficoltà con le loro scelte consapevoli stanno costruendo il Paese del futuro. Non è tempo di inutili contrapposizioni, ma di dialogo aperto: in gioco c’è il futuro dei nostri ragazzi. La ripresa autunnale delle attività pastorali sarà probabilmente ancora condizionata dalla pandemia. Siamo però convinti che riprendere il Cammino insieme costituisca un’occasione propizia di rilancio e di accompagnamento delle comunità, oltre che una voce profetica rispetto alle istanze del presente e del futuro. Così nel nome del Signore ripartiamo tutti con entusiasmo e con coraggio, nella solidarietà e nella condivisione, nella gioia di essere gli uni per gli altri aiuto e sostegno incoraggiamento e amorevole soccorso per tutti. BUONA RIPARTENZA
don Natale
29 AGOSTO 2021 —- L’E’ADES SE A DA FA’ SUL SERIO
Ho incontrato un ragazzo con la maglietta della contrada di…e gli ho detto:” Vai a fare allenamento?”. Lui con un sorriso che esprimeva sicurezza mi ha risposto: “Sì perché ades se fa sul serio”.
Ormai gli ultimi giorni di agosto stanno per terminare e con la Festa dei Ragazzi riprenderanno le varie attività, dalla scuola, al catechismo, dal lavoro a quelle e piccole realtà di cui è intessuta la nostra vita sociale e anche cristiana. Non possiamo dimenticare che questo periodo durissimo della pandemia ci ha fiaccato non solo nel corpo, ma anche direi soprattutto nello spirito.
Facciamo fatica a vedere il domani e facciamo fatica a vederlo con speranza. Per questo dovremmo cercare di essere ciascuno per l’altro di incoraggiamento, di sostegno, preziosa presenza di fiducia nel domani. Santa Madre Teresa di Calcutta, con santa intuizione, si era accorta che solo se sapremo aiutare gli altri saremmo capaci di aiutare noi stessi. Ella aveva riassunto questa idea in questa preghiera:
“Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo;
quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare;
quando la mia croce diventa pesante, fammi condividere la croce di un altro;
quando non ho tempo, dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;
quando sono umiliata, fa che io abbia qualcuno da lodare;
quando sono scoraggiata, mandami qualcuno da incoraggiare;
quando ho bisogno della comprensione degli altri, dammi qualcuno che ha bisogno della mia; quando ho bisogno che ci si occupi di me, mandami qualcuno di cui occuparmi;
quando penso solo a me stessa, attira la mia attenzione su un’altra persona”.
L’è ades che bisogna fa sul serio, se cioè è il momento in cui si vede se la nostra fede è fondata sulla roccia o sulla sabbia, si vede se sa resistere alla tempesta impetuosa, se sa essere forte nei tempi di arsura e nelle aridità della vita.
L’è ades che bisogna fa sul serio, e come diceva San Paolo: “E’ quando sono debole che allora sono forte…”. Cioè è quando abbiamo riconosciuto nella verità la debolezza della nostra arroganza e prepotenza nei confronti dei nostri fratelli e sorelle che allora avremmo capito che “non semo propio nient” come ci ricordavano i nostri vecchi, ma nel Signore possiamo tutto perché “niente è impossibile a Dio”.
L’è ades che bisogna fa sul serio, infatti all’inizio di questo nuovo anno pastorale dobbiamo tutti metterci di buona lena per ricominciare sapendo che non è come prima, ma che possiamo ricreare, nell’aiuto del Signore, cieli nuovi e terra nuova dove regneranno giustizia e verità, solidarietà e generosità, amore per Dio e amore per il prossimo.
L’è ades che bisogna fa sul serio, e impariamolo dall’entusiasmo dei nostri ragazzi, dalla disponibilità e dalla generosità del servizio dei nostri animatori, dalla presenza discreta e costante degli adulti e… rimettiamoci in cammino.
Facciamolo, in questo nuovo anno pastorale che andiamo ad incominciare, con grinta e con coraggio, facciamolo incoraggiandoci e sostenendoci a vicenda. Riprendiamo con lena il percorso che è stato così malamente interrotto dal Covid 19 e guardiamo con occhi puliti e chiari al nostro futuro, Dio non ci ha dimenticati, Dio è con noi sempre. Sono con noi anche la Beata Vergine Maria della Salute, i nostri Santi Martiri e i santi protettori delle nostre parrocchie.
E poi come diceva il papa Giovanni XXIII nel famoso discorso alla luna all’inizio del Concilio Vaticano II: “E poi, tutti insieme ci incamminiamo cantando, sospirando, piangendo, ma sempre sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuare e riprendere il nostro cammino.»
don Natale
22 AGOSTO 2021 “SEMO I MEIO”
Sono partiti gli allenamenti per la festa dei ragazzi n°55. A ben vedere è questo un traguardo importante e lusinghiero che, fatta eccezione per l’interruzione forzata dello scorso anno, ha suscitato nello scorrere degli anni, entusiasmato, ha eccitato, fatto arrabbiare e piangere, consumato quintali di adrenalina pura a ragazzi e adulti, talvolta, e non sempre in maniera positiva, questo è stato più per gli adulti che per i ragazzi per i quali invece è nata e dedicata la festa dei ragazzi. Data la tenacia di don Daniele e i suoi collaboratori- organizzatori, nel rispetto delle regole in tempo di pandemia, ci prepariamo a vivere con grande impegno ma soprattutto con gioia e allegria e in amicizia tra contrade questa 55A festa dei ragazzi. Da una Contrada all’altra dove fervono gli allenamenti c’è solo una certezza semo noi i meio. Questa espressione che suona anche come sprone e incoraggiamento mi da lo spunto per una riflessione a più ampio raggio.
Possiamo dire che se no semo i meio almeno ci sforziamo di essere cittadini che con onestà, nel rispetto per gli altri, nell’attenzione a chi è nel bisogno ci adoperiamo per rispondere insieme e singolarmente con solidale partecipazione alla condivisione e alla solidarietà? Quel grande senso di buon vicinato, di accorgerci della presenza e della necessità di chi ci sta accanto è sempre stato un segno che ha contraddistinto la vita sociale di Concordia. Non smettiamo di essere anche i meio nell’ospitalità del cuore e della vita di ogni fratello che viene in cerca di aiuto.
Possiamo dire che se no semo i meio ci sappiamo tuttavia preoccupare di informarci sui fatti e situazioni senza essere superficiali e sparare giudizi a caso che sono il più delle volte il riflesso di pregiudizi? Credo che sia impegno di tutti nutrirsi non solo di beni materiali, ma anche nutrire la mente e la vita e alimentarla e arricchirla con sane letture attingendo anche alla gloriosa storia della nostra Concordia e poi anche all’attualità, essere insomma attenti cittadini del mondo.
Possiamo dire che se no semo i meio ci preoccupiamo però di vivere il nostro rapporto con la fede, il nostro rapporto con il Signore e con il Vangelo con coerenza e con costanza? Non voglio qui ricordare come in questi ultimi tempi, anche a causa della pandemia, sia rallentata la partecipazione alla vita cristiana attiva in parrocchia, ma voglio sperare che pur con le dovute cautele possiamo riprendere una “normalità” di relazioni e di partecipazione attiva. Abbiamo davanti a noi un anno pieno di impegni e una ripresa della vita pastorale molto stimolante. In vista poi dell’Assemblea Sinodale vorremmo impegnarci a “inventare” nuovi modi di essere cristiani per rispondere alle esigenze del mondo di oggi. Più volte ci è stato ricordato come alla pandemia, questa prova faticosa e dolorosa, non ne usciremmo uguali, ne usciremo o peggio o meglio. Dipende da noi e dalla condivisione di un cammino fatto insieme con gioia.
Ed è qui che tutti e ciascuno dobbiamo renderci disponibili perché veramente come cristiani poter dire “semo i meio”.
E poi auguri a tutte le sei contrade e come il solito vicano i meio.don Natale
15 AGOSTO 2021
FIESTA DEA SUNTA
Affido oggi, festa di Maria Assunta in cielo, il commento settimanale non ad una riflessione ma ad una preghiera, mi pare bello salutare così la nostra Mamma del Cielo.
Oggi, nella solennità della tua Assunzione, o Maria, volgiamo lo sguardo verso Te,
“Piena di grazia”, Vergine che ci indichi il cielo, la meta a cui siamo tutti incamminati.
Ti presenti in questo giorno come “nuova creatura”, che, ai piedi della Croce,
hai raccolto la promessa della resurrezione.
Ti sentiamo vicina, Madre dei redenti, che insegni a superare ogni turbamento;
che conforti il popolo di Dio nella quotidiana lotta contro il male e il peccato.
Tu ci precedi, Vergine celeste, nel nostro pellegrinaggio di fede. Sostieni, o Maria,
la nostra speranza; incoraggia la Chiesa a proseguire sulla via della fedeltà al suo Signore, fidando unicamente nella potenza redentrice della santa Croce.
Con animo grato a Dio, il nostro pensiero ritorna a Te che ci rinnovi ogni giorno l’invito di Cristo a quanto Tu dicesti a Cana di Galilea: “Fate quello che Egli (il Maestro) vi dirà” Gesù solo, infatti, Lui ha parole di vita eterna
Meditando su questa grande realtà, ci incamminiamo spiritualmente verso l’Assemblea Sinodale indetta per la nostra diocesi e per il mondo intero. Aiutaci a preparare questo importante appuntamento ecclesiale con fervorosa preghiera e con entusiasmo apostolico.
A Te, Regina della pace e Madre della Chiesa, affidiamo in questo giorno di festa i più profondi desideri del nostro cuore. Nelle tue mani ancora una volta, poniamo l’Unità Pastorale Concordiese per una ripresa dopo la dura prova della pandemia che tarda a lasciarci e che ci mette tanta angoscia e tristezza.
A Te chiediamo di volgere lo sguardo sui nostri bambini e i nostri giovani hanno tanto sofferto e hanno bisogno di ritrovare serenità e gioia di vivere e l’amicizia di rapporti in presenza.
Ti preghiamo abita le nostre case e le nostre famiglie e fa che in esse regni l’amore, ci sia il sorriso accogliente e il perdono che rasserena e mette in circolo il bene.
Sta vicina o Madre dolcissima ai nostri anziani, conforta e console la loro solitudine e le loro amarezze e fa che non perdiamo la ricchezza della loro esperienza e la genuinità della loro fede.
Una richiesta ancora ti rivolgiamo è per tutti gli ammalati, coloro che sono stanchi della vita, coloro che vivono male per scelte sbagliate o per cattive situazioni in cui si sono andati a cacciare, mostrati Madre di Misericordia e accorri in loro aiuto.
Ti affidiamo infine tutti i nostri morti Tu che oggi contempliamo Assunta in cielo spalanca loro le porte del Paradiso perché possano vivere e per sempre con il Tuo Figlio con gli Angeli, i nostri Santi Martiri e tutti coloro che vivono con Te in Cielo. Regina assunta in cielo, prega per noi! Amen
don Natale
8 AGOSTO 2021
UN GREEN PASS ANCHE PER IL CRISTIANO
Si fa un tanto parlare di questo Green Pass, un documento che certifica che si è vaccinati contro il Covid. E’ stato anche definito un atto di amore e di rispetto per sé e per gli altri. Anche se non tutti sono d’accordo perché o non convinti della validità di questa prevenzione o soprattutto perché se questo diventa un obbligo, andrebbe a ledere la libertà personale. Il governo sta predisponendo un protocollo che cerchi di mettere insieme le due necessità il rispetto della libertà personale e il rispetto per la incolumità della salute per i cittadini. Per quanto riguarda la partecipazione alle celebrazioni religiose rimangono le regole vigenti che sono igienizzazione delle mani e dei luoghi, mascherine e distanziamento. Ma per stare all’attualità mi chiedevo se non fosse doveroso chiedere un Green Pass anche per il cristiano e quali dovrebbero essere le attestazioni che si richiedono per non essere contagiosi?
- Essere testimoni del Vangelo. Il primo grande vaccino che il cristiano ha da avere è quello della conoscenza del Vangelo che è riassunto nel Kerigma cioè nell’annuncio che Cristo è morto per i nostri peccati, e risorto il terzo giorno ed è apparso agli apostoli. Questo è l’annuncio della nostra salvezza. E noi siamo tenuti ad annunciarlo per noi e a tutti. San Paolo esclama “Guai a me se non annuncio il Vangelo”. Naturalmete questo comporta che noi adeguiamo la nostra vita in conformità al Vangelo. Che noi diventiamo Vangelo vivente.
- Vivere il rapporto con il Signore nei sacramenti. Per mantenerci in stretto rapporto con il Signore ci è chiesto di vivere la grazia dei sacramenti in modo particolare i sacramenti della Eucaristia e della Confessione. L’Eucaristia è il Pane di vita che è il Signore e solo nutrendoci di lui noi possiamo vivere la vita cristiana nella pienezza e nella festa. Ed è nella celebrazione della Confessione che possiamo accogliere il perdono del Signore il quale vuole che tutti gli uomini siano salvi. Nella misericordia di Dio noi ritroviamo la bellezza di essere rinati a vita nuova nella grazia e nella benevolenza di Dio nostro Padre che è sempre in attesa nel nostro ritorno per fare festa con noi nella sua casa.
- Seguire il Signore amando e servendo il prossimo e così riceviamo una vita ricca e felice, seguire Cristo non è una perdita, ma un incalcolabile guadagno. Abbiamo il coraggio di vivere la vostra vita affidandoci al Signore e mettendoci in cammino con Lui incontro ai fratelli. Lasciarci conquistare dal suo sguardo di amore che ci libera dalla seduzione degli idoli, dalle false ricchezze che promettono vita ma procurano morte. Non abbiamo paura di accogliere la Parola di Cristo e di accettare la sua chiamata. Lo sguardo di Dio che ci ama personalmente ci accompagni ogni giorno, così che, nelle relazioni con gli altri, possiamo essere testimoni della nuova vita che abbiamo ricevuto in dono.
Ecco il Green Pass che come cristiani dovremmo non solo esibire ma vivere nella concretezza della nostra esistenza quotidiana. Il Vangelo ci insegna che non basta cercare Dio, bisogna anche chiedersi il motivo per cui lo si cerca. Ecco allora la domanda che possiamo farci tutti noi: perché cerchiamo il Signore? Perché cerco io il Signore? Quali sono le motivazioni della nostra fede? C’è infatti il pericolo che la nostra fede rimanga superficiale e che non trasformi la nostra esistenza. Mentre cerchiamo di mettere in pratica le regole che ci vengono indicate per la salute fisica vediamo di mettere in pratica anche le indicazioni che ci chiede il vangelo per la nostra salute spirituale. In questi giorni abbiamo celebrato la memoria del Santo curato d’Ars il quale ai suoi parrocchiani e anche a tutti diceva: “Non c’è niente di più grande dell’Eucaristia. La misericordia di Dio è come un torrente essa trascina i cuori al suo passaggio. L’amore per il tuo prossimo consiste in tre cose: desiderare il bene più grande per chiunque, fare il bene che possiamo quando possiamo, e sopportare, scusare e perdonare le colpe degli altri.”don Natale
1 AGOSTO 2021
SANTO STEFANO: “VIDE I CIELI APERTI”
Così gli Atti degli Apostoli raccontano la visione che Santo Stefano, prima di morire martire, ha avuto. Ci stiamo preparando a celebrare la festa di “San Stiefin” che è patrono di Concordia e anche dell’intera Diocesi. Vorrei che quest’anno le parole di Santo Stefano fossero punto di riferimento e annuncio di speranza per noi e per tutto il mondo. Tutti, credo, non vediamo l’ora di ritornare a vedere cieli e piazze, scuole e oratori, cinema e teatri, chiese e aule per incontri, palestre e campi di gioco e ogni luogo di ritrovo, di riflessione, di studio o di sport aperti dove ci si possa incontrare, parlare, riflettere, studiare e pregare in serenità e fraternità. Potremmo dire che anche noi abbiamo bisogno degli occhi di Santo Stefano per vedere nei suoi occhi gli occhi di Gesù.
E’ uno sguardo attento, che si accorge degli altri, di ogni altro, che scruta le attese che portiamo nel cuore, che scorge la fatica, la stanchezza e la speranza con cui andiamo avanti. Uno sguardo che sa cogliere il bisogno di ciascuno: Gesù ha uno sguardo contemplativo, capace cioè di fermarsi davanti alla vita dell’altro e di leggervi dentro. Impariamo ad essere non una società che corre, indaffarata e indifferente, presa da troppe cose e incapace di fermarsi per rivolgere uno sguardo, un saluto, una carezza. Mi fa paura una società nella quale siamo tutti una folla anonima e non siamo più capaci di alzare lo sguardo e riconoscerci. Alziamo lo sguardo gli uni verso gli altri, come fa Gesù con noi.
La pandemia deve averci insegnato che c’è bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani nella società, c’è bisogno di condividere il tesoro comune della vita, di sognare insieme, di superare i conflitti tra generazioni per preparare il futuro di tutti. Senza questa alleanza di vita, di sogni, di futuro, rischiamo di morire dentro noi stessi, perché aumentano i legami spezzati, le solitudini, gli egoismi, le forze disgregatrici. Spesso, nelle nostre società abbiamo consegnato la vita all’idea che “ognuno pensa per sé”. Ma questo uccide! Il Vangelo ci esorta a condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo: solo così possiamo essere saziati.
Giovani e anziani, il tesoro della tradizione e la freschezza dello Spirito. Giovani e anziani insieme. Nella società e nella Chiesa: insieme.
Noi di una certa età siamo stati “tirati su” con questa accortezza che niente si deve “strassà” ma soprattutto “no se a da strassà el pan”. Un piccolo pezzo di pane può sembrare poca cosa, ma agli occhi di Dio niente deve essere oggetto di scarto. A maggior ragione nessuno è da scartare. Nessuno è un avanzo di vita, o scarto da buttare. Sono quei pezzi di pane preziosi rimasti sulla tavola della nostra vita, che possono ancora nutrirci con una fragranza che abbiamo perso, “la fragranza della misericordia e della memoria”. Non perdiamo la memoria di quello che gli anziani ci sono portatori, perché siamo figli di quella storia e senza radici appassiremo. Essi ci hanno custoditi lungo il cammino della crescita, ora tocca a noi custodire la loro vita, alleggerire le loro difficoltà, ascoltare i loro bisogni, creare le condizioni perché possano essere facilitati nelle incombenze quotidiane e non si sentano soli.
Quest’anno vorrei contemplare e vivere così la “fiesta de San Stiefin”: con lo sguardo di Gesù attento a cogliere la presenza degli altri con spirito di accoglienza e di ospitalità del cuore. Con la volontà di “ricucire” una alleanza tra generazioni dove ognuno condivide ciò che è e ciò che ha insieme. Ma soprattutto dove nessuno deve sentirsi ed essere considerato uno scarto, ma come “un bon toc de pan” va raccolto e custodito con cura e con amore.
San Stiefin donene oci bei par viodi tuti coi oci del Signor, voerghe ben a tuti col cuor dolse del Signor e ciaminà tuti insieme drio al Signor coa speransa e a ligria de fradei tuti.
don Natale
25 LUGLIO 2021
Beato CARLO ACUTIS
È giunta a Bibione una reliquia del Beato Carlo Acutis la si può venerare nella chiesa parrocchiale. Voglio dare anche da questo foglio settimanale una presentazione della sua bellissima figura di giovanissimo cristiano e la affido alla testimonianza di alcuni di coloro che l’anno conosciuto più da vicino Questo quindicenne, morto prematuramente per una leucemia fulminante nel 2006, si distingueva dagli altri suoi coetanei per una “passione smisurata” nei confronti del Signore, ma non solo. Questo ha reso la sua storia incredibile, un esempio di giovane e rara santità.
Nonna Luana «Carlo, ogni sera, mi ricordava di preparare il mangiare da portare a un mendicante che dormiva per terra nei giardini pubblici e gli metteva accanto un euro della sua paghetta, per quando si svegliava. Si intratteneva con quelli che chiedevano l’elemosina alla porta della sua chiesa. Quando capiva che gli altri soffrivano, partecipava, manifestamente, al loro dolore».
Un’insegnante «Non mi dimenticherò mai di questo ragazzo speciale, così diverso dagli altri e così buono. Sono sicura che Carlo fosse molto vicino al Signore: aveva una bella foto di Gesù proprio davanti a dove studiavamo e… guai a chi gliela toccava. Una cosa comunque ci tengo a dirla, è difficile, soprattutto in questi tempi, trovare un ragazzo puro come era lui»
Un compagno di liceo «Un compagno di Liceo racconta che vi fu un’accesissima discussione in classe durante l’ora di religione sull’aborto. Lui, unico, sosteneva la posizione della Chiesa, difendendo i valori della vita e dell’embrione, in quanto figlio di Dio. Poco prima di morire, la sua classe stava preparando delle tesine su come viene vista la fecondazione assistita nelle varie religioni e a Carlo toccò la religione ebraica. Questo gli diede modo di approfondire gli argomenti e in una conversazione con i suoi familiari si dichiarò sconcertato sul fatto che aveva scoperto che nel mondo vi fossero milioni di embrioni congelati abbandonati a una sorte tremenda. Disse che se fosse stato una donna, come opera di carità, avrebbe adottato uno di questi embrioni per dargli la possibilità di nascere»
Il suo padre spirituale «Carlo era particolarmente sensibile nel capire se i sacerdoti celebravano la messa in modo devoto e quando si accorgeva che erano poco immedesimati nella celebrazione eucaristica si rattristava; più di una volta mi ha detto che “essendo i sacerdoti le mani tese di Cristo”, il Signore lo devono testimoniare con entusiasmo e loro stessi devono essere modelli luminosi e non ripetitori automatici di un rito liturgico in cui non mettono il proprio cuore e da cui non traspare la propria fede in Dio» «Più di una volta mi chiese consiglio su come convincere meglio alcune persone che non frequentavano la messa domenicale io lo incoraggiavo sempre a portare la parola del Signore quando gli si presentavano le occasioni. Era molto contento del suo grande zelo apostolico e nutrivo una forte speranza che un giorno Carlo avrebbe scelto un cammino sacerdotale”.
Giulio Savoldi, frate missionario cappuccino «Ebbi la fortuna di avere vari incontri con Carlo; di lui ho un ricordo vivissimo: era un ragazzo sereno, dal volto luminoso, aperto a tutto ciò che è buono e bello, certamente fortificato dallo Spirito del Signore. Sensibilissimo alla povertà e sofferenze altrui; secondo le sue possibilità, voleva contribuire a lenire il dolore di chi, sotto ogni aspetto, era meno fortunato di lui. Così si spiega come un giorno da ragazzino, spontaneamente, con alto senso di amore, mi portò il contenuto del suo salvadanaio per i bambini più bisognosi». Da parte mia in particolare lo sento come guida e forte richiamo di fedeltà e di santità alla mia vocazione secondo i misteriosi disegni del buon Dio sempre improntati dalla sua infinita bontà e misericordia»
Beato Carolo Acutis diceva: “Il Rosario è la scala più corta per salire in Cielo”
“Una vita è veramente bella solo se si arriva ad amare Dio sopra ogni cosa il prossimo come noi stessi”. “L’unica cosa che dobbiamo temere veramente è il peccato”. “Tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie”.
“L’Eucaristia è l’autostrada per il cielo”.
Abbiamo tutti tanto da imparare da questo beato” don Natale
18 LUGLIO 2021
DISPIASE
Dispiase è il modo concordiese di dire la propria amarezza e la propria tristezza perché non abbiamo saputo approfittare di una cosa bella, di una opportunità che ci veniva proposta, e aver mancato una occasione significativa e importante.
Dispiase dice anche di un incentivo a non darsi per vinto, a riproporre a se stessi di essere più attenti, a non farsi prendere alla sprovvista, insomma a guardare con attenzione perchè ciò che ci è sfuggito e non abbiamo saputo vivere lo possiamo recuperare prima che vada perduto.
«Stiamo affrontando un momento molto difficile. C’è una crisi che riguarda i valori essenziali. Stiamo perdendo la capacità di amare». Questa frase di padre Renato Chiera, sacerdote piemontese da quarant’anni in Brasile al fianco dei ragazzi di strada, mi ha particolarmente impressionato e fatto pensare e mi chiedo se non stia succedendo che questa prova durissima della pandemia, che ritorna a farsi paurosa con le nuove varianti, non stia rendendo più duro anche il nostro cuore.
Dispiase dice anche che, se da una parte può avere il senso di una resa, dall’altra può essere invece incentivo per non arrendersi e anzi per rimboccarsi le maniche e affrontare il presente con coraggio e con speranza. Diceva sempre padre Renato: «La più grande tragedia non è essere poveri, è non essere figli, non sentirsi amati. Per questo, la nostra proposta pedagogica e psicologica cura con la “presenza” di qualcuno che li faccia sentire figli. Per questo cerco di essere padre di questi figli non amati da nessuno e di farli sentire figli del Padre di tutti noi». E bisogna ricordarsi di quanto diceva don Giovanni Bosco: “Non è sufficiente amare un figlio, bisogna sentire se lui si sente amato”».
Mercoledì – nei mercoledì di San Giuseppe — c’è stato un incontro con il dott. Michele Alzetta il quale ci ha presentato, da padre e da credente, il ruolo e la figura del padre e lo ha fatto in maniera semplice e partendo dalla sua esperienza di padre. Ha riflettuto su come cercare di non rinunciare alla grande importanza che ha la figura del padre nella vita dei figli e della famiglia. Particolarmente toccante è stata la testimonianza di come hanno vissuto la morte della figlia in un incidente stradale. Nel grande dolore e nella grande sofferenza per la disgrazia egli ha espresso una frase che in tutta la sua drammaticità va capita solo alla luce della fede diceva:
«Compito più proprio del padre a completamento del ruolo della madre è “lasciare andare il figlio” dare a lui la libertà di volare da solo, ecco noi abbiamo cercato di inserire in questo atto di alta paternità il fatto di lasciare andare questa figlia ancora giovane e in maniera così drammatica nelle mani di un Padre di cui tutti siamo figli. Noi -affermava- abbiamo speranza perché crediamo nel Risorto, siamo nelle mani di Dio».
Dispiace allora che sia venuta a mancare a questo incontro la presenza di genitori e famiglie perché ci poteva aiutare a pensare e a incoraggiare a vivere il bellissimo, ma impegnativo “mestiere” di padre. Ci rendiamo conto che il 14 di luglio non è tempo migliore per venire a chiudersi per un incontro, non ci arrenderemo però e, pandemia permettendo, riprenderemo a riproporre incontri di questo genere nel prossimo anno pastorale come avevamo già incominciato a fare nelle “giomeniche” due anni fa.
Concludo riportando ancora una frase di padre Renato riferita da Luca Ammendola regista del film Dear Child . Un film intenso, duro, profondo e al tempo stesso impregnato di speranza che racconta la vita di questo missionario e dei suoi ragazzi, i suoi meninos de rua per i quali ha dedicato e continua a dedicare tutta la vita, senza risparmio di energie, anche ora che si avvicina al traguardo degli ottant’anni. «La vita è semplice mi ha detto padre Renato la prima volta che ci siamo incontrati — ricorda il regista — siamo noi che abbiamo deciso di complicarla, ma è semplice. Tutto quello che dobbiamo fare è amare. Quello che è difficile è imparare come amare». Guardiamo a Cristo Figlio di Dio, lui ci ha insegnato e continua ad insegnarci come amare.
don Natale
11 LUGLIO 2021
SALUTO A ERIK E THOMAS PRETI NOVELLI
La gioia per la festa dell’ordinazione dei 6 nuovi preti continua nella nostra Unità pastorale di Concordia per la celebrazione della prima Messa di don Erik e di don Thomas Salvador. Riporto qui il saluto e il ringraziamento che ho rivolto all’inizio della celebrazione perché possano condividerlo anche coloro che non hanno potuto essere presenti.
Un grazie al nostro Vescovo Giuseppe soprattutto per efficacia delle indicazioni che ha consegnato ai novelli presbiteri affermando: “Uscite per le strade della vita per incontrare le piaghe di Gesù che sono nelle piaghe delle sorelle e dei fratelli e non le incontrate se state chiusi nelle vostre canoniche, magari di fronte ad un computer o nelle vostre sacrestie. Non sottraetevi dai problemi della gente, siate vicini, camminate con loro siate poveri che sanno amare i poveri. Abbiate una fede che sappia relazionarsi con il Signore e imparare da lui lo stesso stile di vita”.
Saluto e ringrazio con affetto il Vescovo Mons. Ovidio che ha pronunciato l’omelia alla prima messa e che ha ricordato a loro di non essere rigidi, ma poiché misericordiati usare misericordia, i nostri limiti e le nostre debolezze e fragilità se riconosciute sono quelle che ci rendono forti perché sorretti dalla forza di Gesù. E ha concluso dicendo che anche oggi è buon tempo per essere preti”.
Un saluto cordiale al Sindaco Claudio e all’amministrazione comunale che anche in questa circostanza ha dato il suo fattivo e operativo contributo per la riuscita della festa della ordinazione presbiterale.
Un saluto e un grande grazie agli operai della vigna del Signore, così chiamo i volontari che ora sono li quieti quieti ma che già sono pronti a sbaraccare tutto quanto hanno edificato e vi assicuro che stare solo dietro a loro fa sudare e ti sfinisce. Giustamente oggi occupano un posto riservato a loro che sono sempre pronti a preparare posti per gli altri. Grazie, solo vi prego trasmettete il nostro impegno, la vostra passione con la vostra capacità organizzativa di gruppo alle nuove generazioni e fate presto.
Un saluto festoso a voi tutti concordiesi e anche agli altri che siete venuti qui per incontrare il Signore e per condividere questa celebrazione unica e pregare nella prima s. messa dei Gemelli Salvador. E ora dobbiamo continuare a pregare perché altri cuncuardiesi possano occupare i posti lasciati liberi da loro.
Ciao mamma Mara e papà Giorgio siete genitori di due preti ricordo che a chi diceva a mia mamma: “te sarà contenta d’aver un fiol prete”? lei rispondeva “Non contenta contentissima ma bisugna adess prea de pì”. Ecco questo raccomando a voi e anche ad Alex.
Concludo da cuncuardiese sento tutto il sano orgoglio di essere qui oggi come parroco cuncuardiese a dare l’accoglienza a due nuovi preti cuncuardiesi ai quali rivolgo un primo pensiero: voi come me sapete che sotto di noi c’è la basilica apostolorum e immagino quando verso il 300 giunge qui la prima fiammella della fede portata da soldati vicentini una fiammella che si è propagata presto ma è stata anche subito messa di fronte alla persecuzione così è sempre la fede se è quella evangelica trova sempre contrasto e opposizione, ma voi guardate ai nostri Santi Martiri e chiedete loro che vi aiutino a tenere accesa la fiamma della fede e a portarla dovunque il Signore vi spingerà.
E il secondo pensiero e un po’ tutto personale. Ieri i vari passaggi della celebrazione sono stati tutti carichi di emozione e di forza, ma c’è stato un momento che più mi ha preso il cuore e sappiamo che il cuore ha delle ragioni che la ragione non capisce. Quando dopo l’abbraccio con il Vescovo e alcuni confratelli vi siete trovati tutti e sei ed eravate proprio davanti a me si siete scambiati tra voi un forte abbraccio, da veri fratelli in Cristo, ma quando è toccato il vostro abbraccio esso è stato -più forte e più lungo di tutti era posso dire così non solo l’abbraccio fraterno ma anche gemello, ho visto e mi scuso se lo spio che non siete riusciti a trattenere qualche lacrima. Grazie perché avete dimostrato che essere preti è sì dono di grazia di Dio e di fede coltivata nella quotidianità, ma anche servizio di grande umanità. Andate, dove il Signore vi manderà e dove lo Spirito Santo vi spingerà ma mi raccomando non perdete mai la vostra umanità. Grazie anche per questo.
don Natale
27 GIUGNO 2021
ANDATE, ANNUNZIATE, TESTIMONIATE e VIVETE IL VANGELO
Sabato 3 luglio 6 giovani saranno ordinati sacerdoti. Un avvenimento e una grazia per tutta la Diocesi e in modo particolare per Concordia con la consacrazione presbiterale di Erik e Thomas Salvador nostri compaesani. Riporto qui parte dell’omelia che Papa Francesco ha rivolto il 25 aprile ai nuovi sacerdoti della diocesi di Roma. “Carissimi il servizio che voi vi preparata a compiere è strettamente legato al servizio di Dio al suo popolo esso ha uno stile, uno stile che voi dovete seguire. Stile di vicinanza, stile di compassione e stile di tenerezza. Questo è lo stile di Dio. Anche voi siete chiamati ad avere le quattro vicinanze del prete, esse sono:
- Vicinanza con Dio nella preghiera, nei Sacramenti, nella Messa. Parlare con il Signore, essere vicino al Signore. Lui si è fatto vicino a noi nel suo Figlio. Tutta la storia del suo Figlio. È stato anche vicino a voi, a ognuno di voi, nel percorso della vostra vita fino a questo momento. Anche nei momenti brutti del peccato, era lì. Vicinanza prima di tutto vicini a Dio, con la preghiera. Un sacerdote che non prega lentamente spegne il fuoco dello Spirito dentro. Vicinanza a Dio.
- Vicinanza al Vescovo. Stare vicino, perché nel Vescovo voi avrete l’unità. Voi siete, non voglio dire servitori – siete servitori di Dio – ma collaboratori del Vescovo. Vicinanza. Io ricordo una volta, tanto tempo fa, un sacerdote che ebbe la disgrazia – diciamo così – di fare uno “scivolone”… La prima cosa che ho avuto in mente è stata chiamare il Vescovo. Anche nei momenti brutti chiama il Vescovo per essere vicino a lui. Vicinanza a Dio nella preghiera, vicinanza al Vescovo. “Ma questo Vescovo non mi piace…”. Ma è tuo padre. “Ma questo Vescovo mi tratta male…”. Sii umile, va’ dal Vescovo.
- Vicinanza tra voi. E io vi suggerisco un proposito da fare in questo giorno: mai sparlare di un fratello sacerdote. Se voi avete qualcosa contro un altro, siate uomini, avete i pantaloni: andate lì, e diteglielo in faccia. “Ma questa è una cosa molto brutta… non so come la prenderà…”. Vai dal Vescovo, che ti aiuta. Ma mai, mai sparlare. Non siate chiacchieroni. Non cadete nel pettegolezzo. Unità tra voi: nel Consiglio presbiterale, nelle commissioni, al lavoro. Vicinanza tra voi e al Vescovo.
- Dopo Dio, la vicinanza più importante è al santo popolo fedele di Dio. Nessuno di voi ha studiato per diventare sacerdote. Avete studiato le scienze ecclesiastiche, come la Chiesa dice che si deve fare. Ma voi siete stati eletti, presi dal popolo di Dio. Il Signore diceva a Davide: “Io ti ho tolto da dietro il gregge”. Non dimenticatevi da dove siete venuti: della vostra famiglia, del vostro popolo… Non perdete il fiuto del popolo di Dio. Paolo diceva a Timoteo: “Ricordati tua mamma, tua nonna…”. Sì, da dove sei venuto. E quel popolo di Dio… L’autore della Lettera agli Ebrei dice: “Ricordatevi di coloro che vi hanno introdotti nella fede”. Sacerdoti di popolo, non chierici di Stato!
Le quattro vicinanze del prete: vicinanza con Dio, vicinanza con il Vescovo, vicinanza tra voi, vicinanza con il popolo di Dio. Lo stile di vicinanza che è lo stile di Dio. Ma lo stile di Dio è anche uno stile di compassione e di tenerezza. Non chiudere il cuore ai problemi. E ne vedrete tanti! Quando la gente viene a dirvi i problemi e per essere accompagnata… Perdete tempo ascoltando e consolando. La compassione, che ti porta al perdono, alla misericordia. Per favore: siate misericordiosi, siate perdonatori. Perché Dio perdona tutto, non si stanca di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. Vicinanza e compassione. Ma compassione tenera, con quella tenerezza di famiglia, di fratelli, di padre… con quella tenerezza che ti fa sentire che stai nella casa di Dio. Vi auguro questo stile, questo stile che è lo stile di Dio.
Dio nostro Padre, ti affidiamo con affetto e tenerezza questi 6 giovani che hai scelto per il servizio e la vicinanza al tuo popolo. Fa’ sentire loro la tua presenza e la tua benevolenza paterna, sii accanto a loro sempre. Vergine Santissima proteggili e guidali sempre da tuo Figlio Gesù. Santi Martiri Concordiesi rendete forti nel dono dello Spirito Santo la loro testimonianza nell’amore e nella grazia per i secoli dei secoli. Amen
don Natale
20 GIUGNO 2021
SANT’ANTONIO L’E’ TORNAT A CIASA
Dopo più di 15 mesi la statua di Sant’Antonio, voluta e offerta dalla fede e dal contributo dei suoi devoti, statua che era stata benedetta con grande partecipazione di popolo in una celebrazione in piazza Costantini dal Vescovo Livio finalmente l’è tornadat a ciasa nel so cisiol in via Fratelli Bandiera. La celebrazione della Santa Messa è stata presieduta dal nostro padre Giorgio dei frati cappuccini e dal nostro don Sergio e da me. Padre Giorgio nella sua omelia ha tracciato, con grande semplicità ed efficacia, la breve vita di appena 37 anni di Sant’Antonio e si è chiesto meravigliato come sia arrivato così giovane a così alte vette di santità. Due, ha detto, sono le strade tra le altre che hanno portato Sant’ Antonio alla santità: la preghiera fiduciosa e confidente al Signore e l’annuncio- testimonianza del Vangelo nella predicazione delle parole e della vita. A questo riguardo ha citato l’episodio che ha, per così dire, fatto di Sant’ Antonio un predicatore per gran parte dell’Italia settentrionale. Il Santo era ospite del convento di Montepaolo vicino a Forlì dove c’era una comunità di frati francescani. Così con il gruppo dei frati un giorno ha partecipato all’ordinazione sacerdotale di un frate e gli fu chiesto di tenere lui l’omelia. Sant’ Antonio tanto fu appassionato e convincente nel suo dire che da quel giorno fu chiamato da per tutto a predicare e ad annunciare la bellezza del Vangelo con forza e coraggio. Questo episodio mi richiama immediatamente la data del 3 luglio qui a concordia dove alla 9,30 sulla Piazza Costantini ci sarà ordinazione sacerdotale di 6 nuovi sacerdoti tra i quali i nostri Erik e Thomas Salvador.
Vorrei ora fermarmi un attimo con voi per una sosta di riflessione:
- Prima di tutto per ricordare e prendere atto che per me concordiese come credo per tutto il popolo di Concordia è un evento da vivere con partecipazione piena a cominciare dalla preghiera – così da questa domenica aggiungiamo una intenzione particolare per loro nelle intenzioni dei fedeli. Il Signore ci ha detto che il primo nostro compito è “pregare perché il Padre mandi operai per la sua messe”.
- Questi sei giovani hanno concluso il loro percorso di formazione c’è bisogno che altri prendano il loro posto per iniziare un percorso di discernimento in Seminario: “cari ragazzi e giovani mettete dentro ai vostri sogni per il futuro anche il servizio sacerdotale insomma dite – “Signore se vuoi manda me, fammi sentire la tua voce e fa che non mi distolga da essa diventando sordo alla tua chiamata”.
- Sono le famiglie e tutta la comunità che vivendo e testimoniando con fedeltà la propria adesione al vangelo devono essere il luogo dove possono crescere e maturare le vocazioni ogni vocazione sia quelle sacerdotali e religiose e anche quelle di una donazione nel matrimonio o nel servizio al prossimo – Gesù ci ricorda che se il terreno non è buono e ben preparato anche il seme non può giungere a maturazione.
- Infine vorrei accogliere da questa celebrazione e dal dono di questi 6 giovani un bel segno di speranza– il Signore non si è dimenticato di noi e di questi nostri tempi, egli continua a spargere il seme della sua bontà spetta a noi con la forza dello Spirito Santo farlo germogliare e crescere perché sia di beneficio a tutti.
“Signore fa’ di noi terreno buono e accogliente perché possiamo produrre il bene, rendi gioiosi testimoni nel loro servizio sacerdotale Erik e Thomas e fa’ che questa nostra terra concordiese, resa feconda dal sangue dei Santi Martiri, sia generosa nel donare nuove vocazioni alla tua chiesa e al mondo Amen.”
don Natale
13 GIUGNO 2021
I PIU’ FRAGILI TRA I FRAGILI
Ci sono due caratteristiche, nella proposta delle attività estive, che è giusto mettere in risalto. Esse sono.
1) la scelta di formare un gruppo proprio per il GREST per i ragazzi delle medie con sede staccata in Paludetto.
2) la scelta di prolungare la possibilità dei campi in montagna a Casa Ropa a Tramonti oltre che per le classi delle medie anche per quelli della prima e seconda superiore.
La decisione di questa proposta nasce da una precisa attenzione, infatti quindici mesi di pandemia hanno visto gli adolescenti e i giovani soffrire più di altre categorie sociali: intere giornate trascorse senza la libertà di muoversi, nè lezioni in presenza, con i rapporti interpersonali ridotti all’uso del web. Ma adesso sembra arrivato il momento della ripartenza. Come sostenerli nel graduale ritorno alla normalità? «Dipende da noi adulti, dalla nostra coscienza, siamo noi che dobbiamo fare il nostro mestiere: aldilà delle chiacchiere, è ora che i genitori tornino a fare i genitori e gli insegnanti gli insegnanti, i cristiani i cristiani perché l’educazione è stata sottovalutata, con un discredito dei valori e un vuoto di progetti» «C’è un malessere diffuso tra i giovani, stiamo attenti a non farlo precipitare» afferma don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità Exodus, da più di 60 anni impegnato nell’assistenza e formazione dei giovani.
Come aiutarli essendo presenza di adulti in questo momento di particolare difficoltà? Preoccupandosi di fare recuperare l’interiorità, non preoccuparsi più solo del portafoglio e della casa comoda. Dobbiamo noi vivere per primi i valori che danno significato vero alla vita, noi dandone l’esempio. Un enorme lavoro culturale che chiama in causa soprattutto il nostro essere cristiani. Il problema, però, non è andare in chiesa ma essere veramente cristiani. Vanno recuperate le otto parole delle Beatitudini. Papa Francesco ha detto che «il mondo si cambia con la forza delle Beatitudini e non con il potere o con la forza». E ha parlato di libertà, eguaglianza e fraternità come le tre declinazioni laiche della Carità. La libertà sembra essere la prima preoccupazione dei giovani in questa fase post-Covid. La libertà vera, però, non è sottovalutazione totale delle norme, delle leggi, delle regole. E vale innanzitutto per noi adulti. Bisogna saper scegliere tra diritti e doveri. Ma c’è bisogno di un padre che lo insegni, e non è stato mai difficile esserlo come oggi. Come insegnarlo? Rileggendo la figura di San Giuseppe chiamato a fare il padre, in quest’anno a lui dedicato sarà riflettendo insieme sulla sua presenza nella vita della santa famiglia potrà aiutarci a recuperare il significato delle parole: famiglia, madre, padre, figlio, scuola, parrocchia, oratorio… La condizione più drammatica oggi sembra essere quella degli adolescenti essi risultano essere i più fragili tra i fragili. La preoccupazione è per i ragazzi che hanno tra i 10 e i 16 anni. Da un’indagine in una scuola professionale femminile: il 45% delle studentesse si taglia, cioè compie atti di autolesionismo. Alcune lo fanno perché fa snob… altre hanno problemi molto più seri. Sono tutti segnali di un profondo disagio. Hanno bisogno di relazioni vere. Sì, lo psichiatra, d’accordo, ma scuola, famiglia, parrocchia e Stato tutti dobbiamo fare la nostra parte! I capisaldi della società sono stati distrutti, è necessario ricostruire la rete, tutti insieme. Non proibire, però, ma orientare. Incominciando dalle piccole e fondamentali realtà della vita di tutti i giorni. Recuperare lo spirito della cena in famiglia, per esempio, come momento intimo della sera. Una volta era così. La scuola deve insegnare ad educare, bisogna preparare gli insegnanti ad affrontare le nuove emergenze. Ma, soprattutto, recuperiamo il significato delle parole che abbiamo banalizzato: rispetto, obbedienza, senso del dovere, fatica… Come chiesa e parrocchia stiamo scommettendo sulla Assemblea Sinodale la domanda che essa pone a tutti noi è: Come essere ancora comunità capace di annunziale la bellezza del Vangelo al mondo di oggi e nella situazione dell’oggi?
Spirito Santo illumina le nostre menti e orienta il nostro cammino. Amen
don Natale
6 GIUGNO 2021
LUNEDÌ 7 GIUGNO SI PARTE… NEL NOME DEL SIGNORE
I nostri vecchi avevano tradizioni che legavano strettamente le realtà umane al Signore. Così quando si iniziava o si riprendeva una attività si chiedevano la benedizione del sacerdote e quando si mangiava un frutto per la prima volta della stagione ci si faceva il segno della croce e si ringraziava il Signore che ci donava i frutti della terra e la bellezza della natura. Quando poi succedeva una cosa eccezionale in un modo scherzoso – ma non irriverente – per sottolineare la straordinarietà dell’evento si diceva: “Spetta che me fai la Crose coa man sanca”.
Con lunedì 7 giugno, al mattino, saremo tutti pronti a farci un bel segno di Croce “coa man dreta “ però per chiedere al Signore che tutti ci benedica per l’inizio del GREST, e con esso anche a tutte le attività estive per la nostra unità pastorale concordiese. Lo facciamo con grande entusiasmo, con grande fiducia e con grande gioia, e sempre con grande responsabilità. Dopo i mesi di restrizioni di vario genere, dopo i vaccini si comincia a vedere una certa possibilità di uscita da questa pandemia, c’è una consistente speranza che si vada verso la conclusione di questa durissima prova. “Sia ringraziato il Signore che sempre veglia su di noi e che non ci ha mai lasciati soli”.
Dunque si riparte e dopo il grazie al Signore voglio dire anche un grande grazie a voi tutti operatori pastorali. A voi catechisti, a voi operatori della Caritas e delle Missioni, a voi operai sempre disponibili per le varie mansioni sia nelle parrocchie e negli oratori e in montagna alla Casa Ropa, a voi tutti che tenete igienizzate le nostre chiese, le aule, i luoghi di incontro, a voi che vi siete resi disponibili come adulti per i gruppi Grest e a voi giovani e giovanissimi animatori che con la intelligente regia di don Daniele e dei responsabili maggiori avete preparato e vi preparate a guidare la grande “carovana” delle attività estive per i bambini, ragazzi e giovani. Così partono anche gli aderenti all’AC con gli educatori e gli animatori e i capi Scout che con tenacia e spirito servizio, condividendo il rispetto delle regole, hanno continuato a riproporre i loro cammini con entusiasmo e gioia. Non voglio dimenticare chi, anche se non frequentando in presenza, è rimasto sempre in contatto e ha mantenuto vivo il suo rapporto con il Signore attraverso la preghiera e si è collegato con la parrocchia con mezzi di comunicazione.
Mi sia permesso un ultimo pensiero e mi rivolgo a tutti coloro che fiaccati, intristiti, affaticati da questa lunga prova della pandemia hanno difficoltà a sorridere, a ritrovarsi con gli altri e soprattutto a rimettersi in gioco. Credo di capirli e di condividere con loro la fatica di riprendere il cammino, ma come tante volte abbiamo ripetuto non siamo soli, aiutiamoci a vicenda anzi solo aiutando gli altri troveremo la forza per aiutare anche noi stessi.
San Giovanni XXIII, il papa buono, la sera del l’11 ottobre alla apertura del Concilio Vaticano II alla folla riunita in piazza San Pietro ha salutato i fedeli con quello che è stato chiamato il discorso della luna: “Cari Figliuoli, sento le vostre voci. La mia è una voce, sola, ma riassunte la voce del mondo intero: qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questo spettacolo. La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, diventato padre per la volontà di nostro Signore… Ma tutti insieme, paternità e fraternità e grazia di Dio, tutto tutto… Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare: dite una parola buona. Il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza. E poi, tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino”.
Riprendiamo dunque il cammino, cantando,
sospirando ma sempre con la fiducia nel Signore.
A tutti l’augurio di un BUON INIZIO DELLE ATTIVITA’ ESTIVE !
don Natale
30 MAGGIO 2021
AVE MARIA … PREGA PER NOI PECCATORI…
In questo mese di maggio, nonostante un tempo alquanto umido e piovoso, l’invocazione dell’Ave Maria e i canti mariani sono risuonati lungo le vide della nostra Unità Pastorale Concordiese. Ad ogni sosta, lungo le vie, per l’annunzio del mistero che veniva richiamato dal quadro che lo rappresentava, c’era un gruppetto più o meno numeroso di persone che ci aspettava e molte di esse si accodavano poi per raggiungere cantando l’altra tappa per la recita del mistero. Ad ogni fermata poi abbiamo implorato la benedizione del Signore per tutte le famiglie della via dove passavamo e abbiamo concluso sempre il Santo Rosario con un particolare ricordo e una preghiera per le persone malate e con un saluto affettuoso nella preghiera per tutti i nostri morti. Questa esperienza della recita del S. Rosario lungo le vie del paese si è rivelata una modalità bella e coinvolgente e le persone che vi hanno partecipato hanno espresso la loro soddisfatta e grata approvazione. Quest’anno per desiderio del Papa abbiamo aggiunto alla recita del S. Rosario una intenzione particolare: perché per l’intercessione della Madonna venga a cessare la pandemia ci ha provato nel corpo e nello spirito. Questa proposta è stata in qualche modo contestata perché si è detto che questo modo di pregare è una specie di mercanteggiare con Dio come dire: “Io ti do la preghiera e Tu mi dai la grazia che ti chiedo”. Indirettamente il Papa nell’ultima catechesi del mercoledì di questa settimana ha così risposto: “C’è una contestazione radicale alla preghiera, che deriva da una osservazione che tutti facciamo: noi preghiamo, domandiamo, eppure a volte le nostre preghiere sembrano rimanere inascoltate: ciò che abbiamo chiesto – per noi o per gli altri – non si è realizzato o non si è realizzato nei tempi e nei modi da noi richiesti.
Il Catechismo ci offre una buona sintesi sulla questione. Ci mette in guardia dal rischio di non vivere un’autentica esperienza di fede, ma di trasformare la relazione con Dio anche nella preghiera in qualcosa di magico. La preghiera non è una bacchetta magica: è un dialogo con il Signore. In effetti, quando preghiamo possiamo cadere nel rischio di non essere noi a servire Dio, ma di pretendere che sia Lui a servire noi. Ecco allora una preghiera che sempre protesta, che vuole indirizzare gli avvenimenti secondo il nostro disegno, che non ammette altri progetti se non i nostri desideri. Gesù invece ha avuto una grande sapienza mettendoci sulle labbra il “Padre nostro”. San Paolo ci dice: noi neppure sappiamo cosa è conveniente chiedere. Per questo quando preghiamo dobbiamo essere umili: questo è il primo atteggiamento per andare a pregare. Quando preghiamo dobbiamo essere umili, perché le nostre parole siano effettivamente delle preghiere e non una azione di prepotenza che Dio respinge. Stiamo attenti perché si può anche pregare per motivi sbagliati. Nella preghiera, è Dio che deve convertire noi, non siamo noi che dobbiamo convertire Dio ai nostri desideri. L’atteggiamento giusto allora è l’umiltà. Io vado a pregare ma Tu, Signore, converti il mio cuore perché chieda quello che è conveniente, chieda quello che sarà meglio per la mia salute spirituale.
Gesù nell’orto degli ulivi ha pregato il Padre con queste parole: “Padre, se possibile, allontana da me questo che mi aspetta”. Sembra che il Padre non lo ha ascoltato. Ma il Venerdì Santo non è il capitolo finale, perché il terzo giorno, cioè la domenica, c’è la risurrezione. Il male è signore del penultimo giorno: ricordiamo bene questo. Il male mai è un signore dell’ultimo giorno, no ma del penultimo, il momento dove è più buia la notte, proprio prima dell’aurora. Il male è signore del penultimo giorno: l’ultimo giorno c’è la risurrezione. Ma il male mai è signore dell’ultimo giorno: Dio è il Signore dell’ultimo giorno.
Continuiamo a pregare, continuiamo a chiedere con fede e con umiltà, a volte il Signore ci viene in aiuto subito a volte ha altri modi per intervenire nella nostra e nella vita delle persone, ma certo non ci lascia mai, mai soli nella nostra vita.
don Natale
23 MAGGIO 2021
PENTECOSTE:
LO SPIRITO È COME IL VENTO, NON LASCIA RIPOSARE LA POLVERE!
Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. ( Atti 2,1)
Gli Atti degli apostoli annunciano così la discesa dello Spirito Santo il giorno della Pentecoste. E’ interessante notare con lo Spirito ha i suoi tempi, ha il suo modo di manifestarsi, ma è certo che o all’albeggiare del mattino, o al tramonto della sera, o nel mezzo della motte Egli arriva, perché lo Spirito è libero e le sue manifestazioni sono sempre originali e nuove, la sua potenza e la sua forza scuote tutto e tutti, lo Spirito scombussola e butta per aria ogni nostro progetto che non sia secondo il suo piano di salvezza dice padre Turoldo: “Lo Spirito è come il vento, non lascia riposare la polvere”. Del passaggio dello Spirito te ne accorgi da ciò che Egli produce in chi l’accoglie, così: Lo Spirito ci fa vivere da risorti. Non serve sapere che il Risorto è vivo se non si vive da risorti. Ed è lo Spirito che fa vivere Gesù in noi, che ci risuscita dentro. La nuova vita, quella vera di risorti, è riallacciare la nostra relazione col Padre, rovinata dal peccato. Questa è la missione di Gesù: “toglierci dalla condizione di orfani e restituirci a quella di figli” amati da Dio. La via è uscire da noi stessi, allontanandoci dal nostro egocentrismo. È possibile grazie alla preghiera che suscita in noi lo Spirito. Quando spezziamo il cerchio del nostro egoismo, usciamo da noi stessi e ci accostiamo agli altri per incontrarli, aiutarli, è lo Spirito di Dio che ci ha spinti. Quando scopriamo in noi una sconosciuta capacità di perdonare, di amare chi non ci vuole bene, è lo Spirito che ci ha afferrati. Chi vive secondo lo Spirito porta pace dov’è discordia, concordia dov’è conflitto. Gli uomini spirituali rendono bene per male, rispondono all’arroganza con mitezza, alla cattiveria con bontà, al frastuono col silenzio, alle chiacchiere con la preghiera, al disfattismo col sorriso. Lo Spirito del perdono è il collante che ci tiene insieme. Il perdono libera il cuore e permette di ricominciare: il perdono dà speranza, senza perdono non si edifica la Chiesa. Lo Spirito del perdono ci spinge a rifiutare altre vie: quelle sbrigative di chi giudica, quelle senza uscita di chi chiude ogni porta, quelle a senso unico di chi critica gli altri. Lo Spirito ci esorta invece a percorrere la via a doppio senso del perdono ricevuto e del perdono donato. Le resistenze allo Spirito Santo: la tentazione di addomesticarlo. È sempre presente in noi la tentazione di fare resistenza allo Spirito Santo, perché scombussola, perché smuove, fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. Ed è sempre più facile e comodo adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate. In realtà, la Chiesa si mostra fedele allo Spirito Santo nella misura in cui non ha la pretesa di regolarlo e di addomesticarlo. Egli è freschezza, fantasia che non riempie tanto la mente di idee, ma incendia il cuore e spinge a un servizio di amore, un linguaggio che ciascuno è in grado di comprendere. Missione è portare al mondo la gioia dello Spirito. Senza lo Spirito Santo non esiste la missione. Infatti, la missione non è opera nostra, è un dono. La Chiesa ha bisogno di evangelizzatori che si aprano senza paura all’azione dello Spirito Santo che infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con audacia, a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente. Questi brevi appunti sono solo alcune delle azioni dello Spirito egli agisce in noi ad una solo condizione che noi lo accogliamo e lo lasciamo agire in noi in libertà.
Vieni Spirito Santo ravviva in noi il ricordo del dono ricevuto.
Liberaci dalle paralisi dell’egoismo e
accendi in noi il desiderio di servire, di fare del bene.
Vieni, Spirito Santo: Tu che sei armonia, rendici costruttori di unità; Tu che sempre ti doni, dacci il coraggio di uscire da noi stessi,
di amarci e aiutarci, per diventare un’unica famiglia. Amen.
don Natale
16 MAGGIO 2021
EL Dì DEA SENSA VA BEN A BRONDUA, MA NO SOL CHE CHEA!
La tradizione vuole che qui a Concordia el dì dea Sensa si festeggi l’Ascensione del Signore Gesù non solo, come è giusto, con la celebrazione in chiesa della santa messa ma anche in famiglia o tra gli amici mangiando la famosa brondua. Nei tempi passati era certamente un modo per unire alla festa religiosa anche una festa in famiglia che quel giorno poteva mangiare come companasego e in santa allegria a brondua”. Noi bambini poi sentivamo a brondua un po’ opera anche nostra perché ci era stato dato l’incarico “de sgionfà a visiga del pursiel” che poi el pursiter aveva riempito con la carne de pursiel pe fatta a brondua.
Lascio ad altri di spiegare a fiesta dea brondua, io vorrei soffermarmi un attimo sulla festa della Ascensione del Signore a cui essa fa riferimento.
Dice il Vangelo che l’Ascensione del Signore ha trovati gli apostoli non pronti alla partenza di Gesù anzi scrive che essi ancora dubitavano, dubitavano della risurrezione di Gesù e soprattutto della sua divinità come Figlio di Dio. Il tempo che stiamo vivendo e che è stato messo allo scoperto dalla disastrosa e dolorosa pandemia ha fatto emergere come la nostra società si stia abituando ad accettare un mondo dove Dio, se c’è, rimane una realtà privata riservata solo a chi crede. E’ uscito recentemente un libro dal titolo significativo: “La Chiesa brucia?” di Andrea Riccardi fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Egli pone all’inizio questa domanda forte: “La crisi della Chiesa ha già raggiunto o meno un suo punto di irreversibilità?”. Che i “parametri vitali” (calo delle ordinazioni, della frequentazione ai sacramenti, delle scelte di vita religiosa, ecc.) fossero in grave affanno era cosa nota, ma la situazione è così grave? Sicuramente la pandemia che ha investito il mondo sta mostrando con virulenza tutte le fragilità preesistenti nella Chiesa.
Per questo la puntuale e dettagliata panoramica della crisi della Chiesa in Occidente che Andrea Riccardi svolge costituisce oggi la fonte documentaria più completa e sicura per addentrarsi in un dibattito che è invece troppo spesso caratterizzato dalla superficialità delle pre-comprensioni. Riccardi specifica: “Non possiamo pensare che sia sufficiente solo rattoppare il presente o inventare nuove istituzioni. Quando dico che occorre tornare a pensare, voglio dire che dobbiamo tornare ad avere una visione. Visione del mondo, della storia, visione della Chiesa in un mondo che è cambiato rapidamente come non mai dall’inizio della storia umana. C’è bisogno di sentire il “fuoco” della crisi per cominciare un cammino di riflessione sul futuro e di lettura della realtà in cui viviamo. Non si generano idee e indicazioni per il futuro, se prima non si capisce in profondità la situazione in cui viviamo. Mai come oggi è il tempo dell’ascolto e dell’incontro gli uni con gli altri”.
La nostra chiesa diocesana ha convocato per l’autunno del 2022 una ASSEMBLEA SINODALE in cui chiamare tutti gli abitanti della Diocesi ad un confronto per chiedere allo Spirito Santo quale direzione devono prendere le nostre comunità per essere ancora capaci di testimoniare la bellezza della vita cristiana e per tradurla nella situazione concreta delle persone. La prima fase di questo cammino sinodale che significa appunto “cammino fatto insieme” è quella dell’ASCOLTO: siamo tutti invitati a proporre le nostre riflessioni, le nostre osservazioni, le nostre critiche, i nostri desideri e le nostre intuizioni riguardanti il cammino che la Chiesa è chiamata a fare per essere fedele a Cristo e agli uomini di oggi in modo particolare dopo la grande prova della pandemia. Nel presentare la sua Ascensione agli apostoli il Signore Gesù dice: “E’ bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito: lo Spirito Santo”. Allora in questa festa dell’Ascensione del Signore preghiamo: Vieni Spirito Santo illumina la mente e infiamma il cuore di tutti noi perché possiamo costruire nella fedeltà al Vangelo una comunità che sia motivo di salvezza, di gioia e di amore tra di noi e per tutto il mondo. Amen
don Natale
9 MAGGIO 2021
HO DESIDERATO ARDENTEMENTE MANGIARE QUESTA PASQUA CON VOI
Nel Vangelo di questa domenica ci sono due parole che maggiormente attirano la nostra attenzione e che in qualche maniera riassumono il nostro rapporto con il Signore sono: GIOIA e AMORE. Le parole di Gesù sono di grande consolazione e tutti ne abbiamo bisogno: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Una gioia che non dipende dalle circostanze della vita, ma è profonda esperienza dello Spirito e la gioia deriva dal fatto di sentirsi amati. Nella Bibbia si legge che l’angelo rivolgendosi al Tobia così gli augurò: «Possa tu avere molta gioia!» (Tb 5, 11). Come sarebbero più belle le nostre chiese e le nostre case, se ci ripetessimo più spesso queste parole che l’angelo rivolse a Tobia. Gesù parla spesso della gioia e anche prega per i suoi discepoli: «Perché abbiano in sé stessi la pienezza della mia gioia». Rasserena i suoi discepoli come fa la mamma con il suo bambino perché la loro tristezza si cambierà in gioia quando lo vedranno risuscitato. Noi siamo la “gioia” di Dio e Dio è la nostra vera “Gioia”.
Nella celebrazione per le Messe di prima Comunione dei bambini di quest’anno sentiremo anche il Signore Gesù dire a loro e a tutti noi: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15, 12). La vita, anche se sempre non è facile, sempre può essere felice perché sotto la tristezza di tanti nostri giorni, nascosto in qualche angolo dentro di noi, c’è un tesoro prezioso che dobbiamo cercare con la lampada dello Spirito, l’Amore del Padre. Sì noi siamo amati dal Signore. Nessun dolore, nessuna difficoltà, nessun male della vita sarà mai più forte dell’amore del Padre. Un Padre misericordioso che ci vuole più felici perchè fedeli, suoi amici e non servi.
Ai bambini della prima comunione, alle loro famiglie, a tutta la comunità vorrei ripetere con dolcezza e grande tenerezza queste due parole di Gesù: GIOIA E AMORE. Non andiamo dietro ad altre cose con il pericolo di perdere quello che è più importante e vero dono che ci fa Gesù nella Eucaristia. Dobbiamo però essere umili e vigilanti perché la “mondanità” che è il contrario dell’Amore si oppone al vangelo, e lo contrasta fin dentro la Chiesa nel cuore di ciascuno di noi. In un attimo si passa da amare secondo la misura del cuore di Dio, ad amare se stessi e quello che più ci conviene. Chiediamo al Signore e al Suo Spirito, di essere persone che vogliono bene, così semplicemente senza condizioni e tornaconti, per aiutarci gli uni gli altri a camminare verso la visione del volto del Padre che Gesù ci ha rivelato.
Infine vorrei ricordare a tutti che l’incontro con il Signore alla domenica nella santa Messa è risposta all’invito che lui ci fa: “Venite in disparte e riposatevi un po’”. Sì la santa Messa è il momento della settimana in cui, come cristiani, siamo invitati dal Signore a riposarci un po’. Egli ci dona la sua Parola, ci offre il Pane di vita che è il suo Corpo e ci fa incontrare con la Comunità dei fratelli per vivere la gioia e l’amore dell’essere figli e fratelli tra di noi, redenti, salvati e amati dal Signore Gesù morto e risorto per la nostra gioia. La santa Messa non è una perdita di tempo ma ci aiuta a vivere bene e nell’amore tutta la settimana sia in famiglia che nella realtà quotidiana.
A conclusione riporto qui la letterina che due genitori hanno scritto al loro figlio in occasione della Prima Comunione. “Ti scriviamo queste poche righe per raccontarti tutta la nostra gioia ed emozione in questo giorno importante per te. Ognuno di noi ha vissuto il proprio primo incontro con Gesù con entusiasmo e sicuro di una giornata “speciale”. Ricordati che la cosa veramente “speciale” non saranno i regali, la festa e il tempo… ma l’incontro con il vero pane di vita: Gesù. Questo dono, ti accompagnerà per sempre e sarà la forza per il cammino della tua vita. Noi ti accompagneremo per trasformare la nostra vita in una festa, in una lode, in una testimonianza del nostro grande Amico comune: Gesù. Con tutto il nostro amore mamma e papà
don Natale
2 MAGGIO 2021
I° MAGGIO FESTA DI SAN GIUSEPPE LAVORATORE
Patrono della PARROCCHIA DI SINDACALE
Nel “Dizionario del dialetto concordiese”, di cui tra breve uscirà una riedizione riveduta e ampliata, c’è una foto a tutta pagina che riprende la “purcision de S. Giuseppe”. Si vede una enorme folla e su di essa svetta la statua di S. Giuseppe portato a spalle, un S. Giuseppe vestito da lavoratore col traverson maron da faegname. A Concordia S. Giuseppe è un santo che si incontra con la nostra gente, gente lavoratrice, gente abituata alla fatica del lavoro come dice anche il monumento a Toni del’aga, uomo non di tante parole ma di fatti concreti.
La principale responsabilità, ma anche la grande gioia, di S. Giuseppe è quella di essere “custode” della santa famiglia di Nazareth. Nel vangelo S. Giuseppe è definito “uomo giusto” nel senso che ha cercato di compiere sempre quella che è la volontà del Signore anche se questo ha comportato non poche difficoltà. S. Giuseppe è stato “uomo giusto” perché ha svolto con onestà e lealtà il suo servizio di “padre” di Gesù e di sposo di Maria.
Papa Francesco ha chiesto ai cristiani che quest’anno 2021 sia dedicato alla figura di S. Giuseppe a cui anche il Papa è molto devoto e ricorre a lui per chiedere la sua intercessione per le necessità della chiesa e lo fa per tante occasioni.
Permettimi ora S. Giuseppe di rivolgermi a te in maniera confidente e figliale.
La tua figura di operaio con le preoccupazioni di dare con dignità e onestà un giusto sostentamento alla tua famiglia mi incoraggia a chiedere che a ogni marito e ogni papà sia data la possibilità di avere un lavoro onesto e dignitoso per il sostentamento della propria famiglia e dei propri cari.
Il fatto poi che, rassicurato dall’Angelo, tu abbia accolto come sposa la Vergine Maria e condiviso con Lei le gioie e le fatiche della vita matrimoniale mi invita a chiedere che tu stia vicino alle nostre famiglie perché in esse regni la collaborazione, la comprensione, la gratitudine e, quando è necessario, anche il perdono, insomma fa che in ogni famiglia regni la pace e l’amore nell’aiuto vicendevole.
Il compito che ti è stato affidato da Dio è quello di essere “custode” e “padre” di Gesù. Ti voglio così affidare con affetto tutti i papà, sostienili nel loro impegnativo compito di essere riferimento nell’educazione per i loro figli, accompagnali nei momenti di difficoltà e di incomprensione. E fa che, quando saranno anziani e nonni, trovino accoglienza, affetto, riconoscenza e tenerezza da parte dei figli e nipoti.
In fine S. Giuseppe ti voglio pregare in cuncuardiese:
“Stane visin a tuti quanti, insegnane a iessi onesti,
a far del ben e a aiutasse tra de noi,
fa che imparen a prea el Signor e a vivi come che lui ne ha insegnat,
protegi tute e nostre fameie, fa che i tosas,
i tosatei e i putei i ciamini paa strada dreta.
Tegnene la to man sul ciaf e quan che sgaren tirene
un fia i ciaviei par fane capì che sbaglien.
S. Giuseppe benedetto prea par noi adess e ancia ancia. Amen.
NB.: Stiamo predisponendo un programma di incontri e di celebrazioni in riferimento all’anno di San Giuseppe e avranno con punto di riferimento la parrocchia di SINDACALE di cui egli è patron. Su richiesta del Vescovo saranno rivolti anche a tutta la zona sud della Diocesi. I giorno di riferimento sarà il MERCOLEDÌ giorno dedicato alla memoria di S. Giuseppe.
don Natale
25 APRILE 2021
IL CRISTIANO: UNO CHE PRENDE SUL SERIO IL VANGELO
Ricorrono in questi giorni il 28° anniversario della morte di don Tonino Bello prete e vescovo un pastore asciutto e sobrio, carico di umanità e compassione, sensibile al punto da far cantare l’anima, capace di scrutare con stupore gli invisibili segni della presenza di Dio nelle pieghe a volte sofferte della vita, è stato un poeta del Vangelo, un appassionato cantore della storia umana e un sognatore capace di avere “visioni” sull’uomo, sulla Chiesa e sul germogliare del Regno di Dio. Ritornano vive nel mio cuore le parole con cui si rivolgeva alla Madonna, come “Vergine dell’attesa” diceva: «Santa Maria, Vergine dell’attesa, donaci del tuo olio perché le nostre lampade si spengono. Vedi: le riserve si sono consumate». Forse sono i tempi più difficili, quelli della crisi e dell’aridità, che ci riconducono all’essenziale e ci riportano, dai frammenti della distrazione, a un nuovo ascolto dei profeti. Stiamo avvicinandoci al mese di maggio, mese dedicato alla Vergine Maria e alla recita del santo rosario, anche quest’anno proponiamo l’esperienza della recita del rosario per le vie della nostra Unità Pastorale Concordiese. Anche noi infatti abbiamo bisogno che la Madonna ci doni l’olio per le nostre lampade della fede e della speranza per tenerle accese nella nostra realtà e nella prova che stiamo vivendo della pandemia.
Don Tonino Bello viene ricordato per il suo volto luminoso, per la parola tagliente e calda, per la carezza che ha sempre saputo dare a ciascuno e specialmente agli smarriti e agli oppressi, per il suo episcopio aperto alle famiglie sfrattate, per le sue battaglie contro ogni forma di degrado e disagio sociale, per il suo impegno internazionale al servizio della pace. Ma in tutto questo non c’era mai l’esibizione di un eroismo personale don Tonino aveva solo preso sul serio il Vangelo. Don Tonino sognava e cantava la Chiesa del grembiule, la Chiesa povera che sa scoprire la presenza di Dio nel volto degli ultimi, la Chiesa capace di rompere gli argini per aprirsi al mondo, la Chiesa capace di accogliere, di accarezzare, di sollevare. Una Chiesa che non esclude nessuno, che non pretende il centro della scena, la cui unica gioia è quella di annunciare la gioia del Vangelo. Questo era il desiderio di don Tonino: una Chiesa povera nei segni esteriori e ricca di sogni. Mi chiedo se noi siamo una comunità che non si ferma alla esteriorità dei segni, alla volontà di apparire ma è capace di sognare i sogni del Vangelo, che infondono tenerezza e spezzano il pane dell’amore.
Abbiamo celebrato le Cresime per 55 giovani di Concordia e ci prepariamo a celebrare la Cresima a Sindacale e poi tutte le prime comunioni a questi giovani e ragazzi sappiamo presentarci come una comunità che sa sognare la vita bella del Vangelo? Pregava, don Tonino, che la Chiesa ricevesse il coraggio di sciogliere gli armeggi e di uscire dal quieto vivere e dalla falsa pace di liturgie senza carne e senza sangue, per essere Chiesa samaritana nel mondo, che lenisce con l’olio della tenerezza le piaghe dell’umanità: perché non basta sperare, bisogna “organizzare la speranza” portando nel mondo la compassione e la vicinanza affettuosa di Dio Padre. Come Papa Francesco che instancabilmente ripete: non c’è cristianesimo senza accoglienza degli ultimi, non c’è speranza cristiana senza azione contro la cultura dello scarto e non c’è Chiesa senza il coraggio di uscire nel mondo per portare a tutti la gioia consolante del Vangelo. Lasciatemi esprime un solo desiderio e un augurio a tutti coloro che bambini, ragazzi e giovani vivranno le celebrazioni dei sacramenti dell’iniziazione cristiana del Battesimo, della Cresima e della Comunione imparino, anche con la testimonianza di tutti noi, a prendere sul serio il Vangelo, questa è la più bella e affascinante avventura che veramente fa bella la vita. don Natale
18 APRILE 2021
SIGNOR, FERMETE A SENA CO NOIALTRI
Mi è successo, più di qualche volta, che andando da qualche famiglia verso sera quando stavo per andare via mi sia stato detto con grande cordialità: “Fermete a sena co noialtri”.
E’ questa una frase che, facendo le debite distinzioni, mi richiama i due discepoli di Emmaus di cui ci parla anche il vangelo di questa domenica. Conosciamo la loro avventura. Quel giorno, il primo dopo il sabato, delusi e sfiduciati lasciano Gerusalemme con il volto triste, si affianca a loro un viandante che vedendoli così avviliti rivolge loro alcune domande sul perché di tanta delusione e loro gli parlano di un certo Gesù, un uomo che era stato potente in opere e in parole, che era stato preso e condannato dal Sinedrio e ucciso appendendolo alla Croce, e concludono: “Noi speravamo che fosse lui il Messia, ma sono passati ornai tre giorni dalla sua morte…”. E quel viandante aveva incominciato a parlare e a fare ricordo di tutto quello che avevano detto i profeti al riguardo del Messia e loro mentre egli parlava sentivano come un fuoco invadere il loro cuore. Quando poi, arrivati a Emmaus, quel viandante aveva fatto come se volesse procedere oltre loro lo avevano invitato con forza dicendogli: “Resta noi perché si fa sera e il giorno è ormai alla fine” che se fossero stati di Concordia gli avrebbero detto proprio: “Fermete a sena co noialtri che ormai le scuro e la dornada lè finia”. E lui si era fermato con loro e una volta a cena aveva ripetuto i gesti dell’Ultima Cena aveva preso il pane lo aveva benedetto e poi lo aveva spezzato, si erano così aperti i loro occhi e avevano riconosciuto in lui il Cristo Risorto.
In questi tempi di Pasqua la nostra Unità Pastorale si prepara a vivere la celebrazione dei sacramenti pasquali in modo particolare la festa del perdono, le prime comunioni, e le Cresime di bambini e ragazzi. Il Signore Risorto ci dona la grazia del suo perdono nella confessione, la sua presenza nel pane dell’Eucaristia con la Comunione e il dono dello Spirito Santo nella Cresima. Doni che vengono donati non solo a loro ma tramite i bambini e i ragazzi alle loro famiglie e a tutta la Comunità. Vorrei così invitare tutti a non sprecare questi doni fermandoci solo alla esteriorità e superficialità, riservare tanta attenzione solo alle cose che sono solo di facciata che servono solo a mettere in mostra cose che passano e non lasciano niente di profondo e di bello nella nostra vita. Vorrei chiedere di non distrarre i bambini e i ragazzi con regali o regalini e di far perdere invece il grande dono che è la presenza del Signore Gesù che viene a farci visita nei suoi sacramenti. Facciamo in modo di preparare questi incontri con la preghiera, con la riflessione su quanto ci viene donato dal Signore, e sull’essere attenti a coloro che sono nella necessità e nel bisogno. Nelle nostre famiglie si respiri un’aria di accoglienza e di benevolenza e, se c’è qualche screzio o qualche offesa, si faccia la pace, si chieda e si doni il perdono, e si viva la gioiosa attesa per il Signore che viene. Ci ricorda papa Francesco: “La vita di una parrocchia e di ogni comunità cristiana è scandita dai tempi della liturgia e della preghiera comunitaria. Quel dono che nell’infanzia abbiamo ricevuto con semplicità, ci accorgiamo che è un patrimonio grande, un patrimonio ricchissimo, e che l’esperienza della preghiera merita di essere approfondita sempre di più. La preghiera è quella che apre la porta allo Spirto Santo, che è quello che ispira per andare avanti. E questo è un compito essenziale della Chiesa: pregare ed educare a pregare”. E possiamo anche dire che compito della famiglia è pregare ed educare alla preghiera.
Facciamo nostra la preghiera dei discepoli di Emmaus e diciamo: “Signor, fermete a sena co noialtri che ormai le scuro e la dornada lè finia – e aggiungiamo- e dopo fermete par sempre in cjasa nostra. Amen”.
don Natale
11 APRILE 2021
CARO TOMMASO, GEMELLO NOSTRO
Caro Tommaso, oggi seconda domenica di Pasqua e domenica della Misericordia, nella chiesa leggiamo sempre il racconto del tuo incontro con il Signore Risorto dopo che il giorno di Pasqua, non essendo presente, hai detto agli apostoli che ti avevano annunciato la risurrezione di Gesù: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.
E otto giorni dopo quando Gesù è venuto, a porte chiuse nel cenacolo, e ti ha invitato a mettere le tue mani e i l tuo dito nelle sue piaghe invitando a non essere incredulo, ma credente, tu sei caduto in ginocchio e hai pronunciato il primo grande atto di fede in Gesù dicendo: “Mio Signore e mio Dio”. Quest’oggi io voglio dirti grazie per la tua sincerità e per la tua onestà tu hai detto la tua difficoltà a credere alla risurrezione di Gesù e poi però hai professato la tua fede di fronte a Lui con coraggio e non vergognandoti della tua difficoltà a credere. Un appassionato poeta dei nostri tempi padre David Maria Turoldo ha composto una poesia per tutti quelle persone che come te fanno fatica a credere ma sono alla ricerca di Dio e l’ha dedicata al Fratello ateo essa dice:
Fratello ateo nobilmente pensoso alla ricerca di un Dio che io non so darti attraversiamo insieme il deserto.
Di deserto in deserto andiamo oltre la foresta delle fedi liberi e nudi verso
il nudo Essere e là dove la Parola muore abbia fine il nostro cammino.
Ho motivo di credere che un po’ tutti abbiamo fatto la tua stessa esperienza della difficoltà a credere e abbiamo avuto e abbiamo tanti dubbi ma non sempre invece abbiamo l’umiltà e il coraggio di dichiarare come te la nostra fiducia nel Signore e sapere che se anche non vediamo Gesù Risorto sappiamo che Lui cammina sempre con noi sui sentieri della vita.
Sono stufo di vederti descritto come un incredulo. Su te abbiamo addirittura composto un proverbio: “Te so come San Tommaso, che nol crede se nol mete el naso”, e, così, sei arrivato fino a noi con la falsa nomea di incredulo. Sai, Tommaso, penso che anche noi che ci diciamo credenti dovremmo batterci il petto perché non traduciamo la nostra fede nelle opere di bene e di servizio al prossimo e così la nostra fede è morta. Tante volte abbiamo pensato che la fede consista nella esteriorità, in una ritualità superficiale e vuota, nell’apparire e non nell’essere veri ed autentici, fedeli e coerenti. Anche noi tante volte e non solo una volta, come te, siamo mancati agli appuntamenti con la comunità e poi magari abbiamo preteso che tutto si facesse come volevamo noi. Come è vero che tante volte noi che frequentiamo la chiesa e che ci dichiariamo praticanti siamo “peggio” di altri che non vengono mai in chiesa, ma questo può succedere non perché frequentiamo ma perché la nostra presenza è solo esterna e non cambia e converte il nostro cuore. Tu, caro Tommaso, ci insegni tante cose e poiché vieni riconosciuto anche perché sei gemello, fa che anch’io sia tuo gemello per seguirti e imparare da te come amare veramente il Signore Gesù.
Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di bene e ti ringrazio per la tua fede cristallina. Voglio affidarti, caro mio gemello, tutti quelli che – come te – non si sono ancora fidati del Signore. E anche gli scandalizzati da noi cristiani: che guardino a Cristo piuttosto che a noi suoi fragili discepoli.”
don Natale
4 APRILE 2021
“NDEMO VISTISETE CHE TE A DA NDI’ A MESSA”
E’ citando questa frase che il figlio faceva racconto e raccoglieva con questa espressione l’insegnamento della fede semplice ma genuina e convinta della mamma. Come sarebbe bello se in ogni famiglia oggi giorno di Pasqua e in ogni domenica, Pasqua settimanale, ogni mamma e ogni genitore invitasse così i componenti della famiglia ad affrettarsi: “Ndemo vistive che ve’ da ndi’ a Messa”. Pasqua nel pronunciare il nome di questa festa, tra tutte la prima e la più grande festa del cristiano, l’aria tutta si riempie dei profumi dei fiori perché a Pasqua c’è la luna di primavera e la primavera profuma di vita nuova. Ma la primavera è anche faticosa perché il seme deve spaccare la zolla per uscire alla luce e germogliare alla vita, perché la gemma deve spaccare l’involucro che la riveste per uscire ad accogliere la luce e fiorire alla vita, perché, e ce lo ricorda il vangelo di Pasqua, anche Gesù Crocifisso chiuso nel sepolcro ha dovuto ribaltare la grossa pietra che chiudeva il sepolcro per poter risorgere nella luce radiosa di quel mattino di Pasqua nel giardino in festa per il trionfo della vita sulla morte, su ogni morte.
Carissimi “Fratelli tutti” come ha scritto il papa nella sua ultima enciclica, in questo tempo di prova e di fatica abbiamo tutti bisogno della Pasqua, della risurrezione del Figlio di Dio il Cristo per affrontare anche noi ancora una difficile primavera. Solo insieme, solo nella condivisione e nella solidarietà, dove ciascuno mette il suo poco o tanto che sia a disposizione di tutti e per tutti, solo così spunterà la primavera della vita nuova.
Carissimi “Fratelli tutti” anziani e malati che siete costretti per vari motivi a rimanere in casa, uscite almeno sul balcone e osservate il cielo spazzato via dalle nuvole minacciose ed elevate un pensiero, una preghiera, perchè anche il nostro mondo sia liberato dalle nuvole minacciose della pandemia che porta con sè tante tristezze, situazioni dolorose e faticose.
Carissimi “Fratelli tutti” adulti e famiglie su di voi incombe più di tutto la fatica di far fronte alle ristrettezze del lavoro e alla organizzazione di questo tempo, abbiamo bisogno che voi doniate con coraggio la speranza di non abbandonare, di non rassegnarci. “La nostra salvezza è più vicina oggi di quando diventammo credenti” ci dice l’Apostolo Paolo.
Carissimi “Fratelli tutti” giovani a voi è stato rubato un anno di relazioni in presenza, ma proprio la sofferenza di questa assenza vi avrà fatto capire la bellezza delle relazioni autentiche, delle relazioni in presenza, delle relazioni sincere. “Cristo vive, – ha scritto Francesco – Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo”. Non perdete, vi raccomando, la relazione in presenza con Lui.
Carissimi “Fratelli tutti” ragazzi e bambini questo cattivo virus ha intaccato le vostre più belle e spensierate giornate, ma appena si potrà, fate una bella corsa sul prato vicino a casa. Il Vangelo dice che i bambini di corsa andavano da Gesù e ai discepoli che volevano fermarli Gesù ha detto:
“Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite”. Se andate da Gesù, oggi come allora, Gesù vi abbraccerà e ponendo sulla vostra testa le sue mani vi benedirà.
Ecco nella semplicità e nella bellezza del dialetto de Cuncuardia diciamo a tutti:
“Ndemo vistimose da fiesta aven da ndi’ a Messa
incuoi che l’è la Pasqua del Signor, Lui l’è risorto e noiatri con Lui. Amen”.
Buona Pasqua!
don Natale