21 marzo 2021- Confessarsi almeno una volta …………

Confessarsi almeno una volta all’anno e comunicarsi almeno a Pasqua

Così recitava uno dei 5 precetti generali della Chiesa, ma ci chiediamo: come attuarlo con questa pandemia e in zona rossa, data l’aggravata pericolosità del contagio? I nostri Vescovi – che sono oltre che maestri anche pastori – hanno dato la facoltà della celebrazione della Penitenza o Confessione in forma comunitaria con l’Assoluzione generale come abbiamo già sperimentato a Natale. Ad essa vanno aggiunte tre importanti premesse:

  1. questo rito della celebrazione della confessione, poiché ha vero e proprio valore di Sacramento, necessita di essere ben compreso e quindi ha bisogno di una catechesi che ne spieghi il valore, specificandone la straordinarietà della concessione, che è data per evitare il più possibile il rischio del contagio. Non è dunque una scappatoia per non andare a confessarsi in forma individuale.
  2. nel rispetto di tutte le precauzioni ci sia la possibilità, per chi lo desidera, della confessione individuale e personale. Perciò noi sacerdoti saremo a disposizione secondo gli orari che vi saranno comunicati per la confessione individuale.
  3. rimane l’impegno nella confessione successiva di chiarire con il confessore, là dove ci fosse bisogno di un approfondimento, per quanto riguarda la gravità di alcuni peccati. Il confessore, infatti, a nome della Chiesa, ha anche il compito di educare e di istruire la coscienza delle persone, accompagnandole nel loro percorso di crescita nella vita cristiana. Egli è chiamato ad aiutare i fedeli a formulare un giusto giudizio morale sulle proprie azioni a confronto con il Vangelo e il Magistero della Chiesa.

Certo che questa possibilità è data perché non ci venga a mancare il grande dono della Misericordia di Dio Padre che ci è stato dato nella morte e nella risurrezione di Gesù che celebriamo nella festa della Pasqua. Vorrei allora soffermarmi con voi su tre espressioni, che spiegano bene il senso del Sacramento della Riconciliazione; perché  – come dice papa Francesco – andare a confessarsi non è andare in tintoria perché mi tolgano una macchia. No, è un’altra cosa. E’ Abbandonarsi all’Amore significa compiere un vero atto di fede nell’Amore del Signore. La fede è l’incontro con la Misericordia, con Dio stesso che è Misericordia – il nome di Dio è Misericordia – ed è l’abbandono tra le braccia di questo Amore, misterioso e generoso, di cui tanto abbiamo bisogno, ma al quale, a volte, si ha paura ad abbandonarsi. Il dolore per i propri peccati è il segno di tale abbandono fiducioso all’Amore. La crescita nella fede. Vivere così la Confessione significa lasciarsi trasformare dall’Amore. È la seconda dimensione è l’Amore che si è manifestato pienamente in Gesù Cristo e nella sua morte in croce per noi. Il penitente che incontra, nel colloquio sacramentale, un raggio di questo Amore accogliente, si lascia trasformare dall’Amore, dalla Grazia, iniziando a vivere quella trasformazione del cuore di pietra in cuore di carne, che è una trasformazione che si dà in ogni confessione. Questo si chiama il cammino della conversione. La terza e ultima espressione è:  corrispondere all’Amore. L’abbandono e il lasciarsi trasformare dall’Amore hanno come necessaria conseguenza una corrispondenza all’amore ricevuto. Il cristiano ha sempre presente quella parola di San Giacomo: «Mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (2,18). La reale volontà di conversione diventa concreta nella corrispondenza all’amore di Dio ricevuto e accolto. Si tratta di una corrispondenza che si manifesta nel cambiamento della vita e nelle opere di misericordia che ne conseguono. Sono i frutti del perdono.

Chi è stato accolto dall’Amore, non può non accogliere il fratello.

Chi si è abbandonato all’Amore, non può non consolare gli afflitti.

Chi è stato perdonato da Dio, non può non perdonare di cuore ai fratelli.   

don Natale