Anno 21° N. 26 – DOMENICA 26/05/2025
VI DOMENICA DI PASQUA

Dalla catechesi di papa Leone XIV
all’udienza generale giubilare

Sono lieto di accogliervi in questa mia prima Udienza generale. Riprendo oggi il ciclo di catechesi giubilari, sul tema «Gesù Cristo Nostra Speranza», iniziate da Papa Francesco. Continuiamo oggi a meditare sulle parabole di Gesù, che ci aiutano a ritrovare la speranza, perché ci mostrano come Dio opera nella storia. Oggi vorrei fermarmi su una parabola un po’ particolare, perché si tratta di una specie di introduzione a tutte le parabole. Mi riferisco a quella del seminatore (cfr Mt 13,1-17). Nel capitolo 13 del Vangelo di Matteo, la parabola del seminatore introduce una serie di altre piccole parabole, alcune delle quali parlano proprio di ciò che avviene nel terreno: il grano e la zizzania, il granellino di senape, il tesoro nascosto nel campo. Cos’è dunque questo terreno? È il nostro cuore, ma è anche il mondo, la comunità, la Chiesa. La parola di Dio, infatti, feconda e provoca ogni realtà. Un seminatore, alquanto originale, esce a seminare, ma non si preoccupa di dove cade il seme. Getta i semi anche là dove è improbabile che portino frutto: sulla strada, tra i sassi, in mezzo ai rovi. Questo atteggiamento stupisce chi ascolta e induce a domandarsi: come mai? Il modo in cui questo seminatore “sprecone” getta il seme è un’immagine del modo in cui Dio ci ama. È vero infatti che il destino del seme dipende anche dal modo in cui il terreno lo accoglie e dalla situazione in cui si trova, ma anzitutto in questa parabola Gesù ci dice che Dio getta il seme della sua parola su ogni tipo di terreno, cioè in qualunque nostra situazione. Dio è fiducioso e spera che prima o poi il seme fiorisca. Raccontando il modo in cui il seme porta frutto, Gesù sta parlando anche della sua vita. Gesù è la Parola, è il Seme. E il seme, per portare frutto, deve morire. Allora, questa parabola ci dice che Dio è pronto a “sprecare” per noi e che Gesù è disposto a morire per trasformare la nostra vita. Ho in mente quel bellissimo dipinto di Van Gogh: Il seminatore al tramonto. Quell’immagine del seminatore sotto il sole cocente mi parla anche della fatica del contadino. E mi colpisce che, alle spalle del seminatore, Van Gogh ha rappresentato il grano già maturo. Mi sembra proprio un’immagine di speranza: in un modo o nell’altro, il seme ha portato frutto. Al centro della scena, però, non c’è il seminatore, che sta di lato, ma tutto il dipinto è dominato dall’immagine del sole, forse per ricordarci che è Dio a muovere la storia, anche se talvolta ci sembra assente o distante. È il sole che scalda le zolle della terra e fa maturare il seme. Cari fratelli e sorelle, in quale situazione della vita oggi la parola di Dio ci sta raggiungendo? E se ci accorgessimo di non essere un terreno fecondo, non scoraggiamoci, ma chiediamo a Lui di lavorarci ancora per farci diventare un terreno migliore.
Papa Leone XIV
Prima Lettura
È parso bene, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie.
Dagli Atti degli Apostoli
At 15,1-2.22-29
In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 66 (67)
R. Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.
Oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti. R.
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra. R.
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. R.
Seconda Lettura
L’angelo mi mostrò la città santa che scende dal cielo.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Ap 21,10-14.22-23
L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.
È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte.
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello
sono il suo tempio.
La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l’Agnello.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. (Gv 14,23)
Alleluia.
Vangelo
Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,23-29
In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
Parola del Signore.
PER APPROFONDIRE
DISCORSO DEL SANTO PADRE LEONE XIV AI RAPPRESENTANTI
DI ALTRE CHIESE E COMUNITÀ ECCLESIALI E DI ALTRE RELIGIONI
Mi pare opportuno prima di fare commenti e immaginare prospettive su Papa Leone XIV ascoltare e meditare le sue parole così riporto il suo discorso ai rappresentati di altre chiese e di altre religioni.
“Con grande gioia rivolgo il mio saluto cordiale a tutti voi, Rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure di altre religioni, che avete voluto prendere parte alla celebrazione inaugurale del mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di Pietro. A ciascuno di voi sono sentitamente grato: la vostra presenza e la vostra preghiera sono per me di grande conforto e incoraggiamento.
La mia elezione è avvenuta mentre ricorre il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di Nicea. Quel Concilio rappresenta una tappa fondamentale per l’elaborazione del Credo condiviso da tutte le Chiese e Comunità ecclesiali. Mentre siamo in cammino verso il ristabilimento della piena comunione tra tutti i cristiani, riconosciamo che questa unità non può che essere unità nella fede. In quanto Vescovo di Roma, considero uno dei miei doveri prioritari la ricerca del ristabilimento della piena e visibile comunione tra tutti coloro che professano la medesima fede in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo. La nostra comunione si realizza nella misura in cui convergiamo nel Signore Gesù. Più siamo fedeli e obbedienti a Lui, più siamo uniti tra di noi. Perciò, come cristiani, siamo tutti chiamati a pregare e lavorare insieme per raggiungere passo dopo passo questa meta, che è e rimane opera dello Spirito Santo.
Il nostro cammino comune può e deve essere inteso anche in un senso largo, che coinvolge tutti, nello spirito di fraternità umana. Oggi è tempo di dialogare e di costruire ponti. E pertanto sono lieto e riconoscente per la presenza dei Rappresentanti di altre tradizioni religiose, che condividono la ricerca di Dio e della sua volontà, che è sempre e solo volontà d’amore e di vita per gli uomini e le donne e per tutte le creature.
Voi siete stati testimoni dei notevoli sforzi compiuti da Papa Francesco in favore del dialogo interreligioso. Attraverso le sue parole e le sue azioni, ha aperto nuove prospettive di incontro, per promuovere «la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio»
Desidero rivolgere un saluto particolare ai fratelli e alle sorelle ebrei e musulmani. A motivo delle radici ebraiche del cristianesimo, tutti i cristiani hanno una relazione particolare con l’ebraismo. La grandezza del patrimonio spirituale comune a cristiani ed ebrei, incoraggia alla mutua conoscenza e stima. Il dialogo teologico tra cristiani ed ebrei rimane sempre importante e mi sta molto a cuore. Anche in questi tempi difficili, segnati da conflitti e malintesi, è necessario continuare con slancio questo nostro dialogo così prezioso.
I rapporti tra la Chiesa Cattolica e i musulmani sono stati segnati da un crescente impegno per il dialogo e la fraternità, favorito dalla stima per questi fratelli e sorelle «che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini». Tale approccio, fondato sul rispetto reciproco e sulla libertà di coscienza, rappresenta una solida base per costruire ponti tra le nostre comunità.
A tutti voi, Rappresentanti delle altre tradizioni religiose, esprimo la mia gratitudine per la vostra partecipazione a questo incontro e per il vostro contributo alla pace. In un mondo ferito dalla violenza e dai conflitti, ognuna delle comunità qui rappresentate reca il proprio apporto di saggezza, di compassione, di impegno per il bene dell’umanità e la salvaguardia della casa comune. Sono convinto che, se saremo concordi e liberi da condizionamenti ideologici e politici, potremo essere efficaci nel dire “no” alla guerra e “sì” alla pace, “no” alla corsa agli armamenti e “sì” al disarmo, “no” a un’economia che impoverisce i popoli e la Terra e “sì” allo sviluppo integrale.
La testimonianza della nostra fraternità, che mi auguro potremo mostrare con gesti efficaci, contribuirà certamente a edificare un mondo più pacifico, come desiderano in cuor loro tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
Carissimi, grazie ancora della vostra vicinanza. Invochiamo nei nostri cuori la benedizione di Dio: la sua infinita bontà e sapienza ci aiuti vivere come figli suoi e fratelli e sorelle tra di noi, perché cresca nel mondo la speranza. Vi ringrazio di cuore”.
Leone XIV