Annuncerò il tuo Nome ai miei fratelli
Sal 22,23 il nostro ministero di lettori
Il Signore mi disse: «Proclama tutte queste parole nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, dicendo:
Ascoltate le parole di questa alleanza e mettetele in pratica!» (Geremia 11,6)
Fondamenti
Per esercitare al meglio il nostro servizio di lettori e lettrici, è essenziale che abbiamo la massima coscienza del significato, dell’importanza e delle implicazioni che questo servizio comporta per ciascuno di noi e per la vita della Chiesa tutta.
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Esiste uno strettissimo rapporto tra Parola di Dio e liturgia.
La celebrazione liturgica, infatti, non solo presuppone l’ ascolto della Parola di Dio, e quindi la fede e la conversione a Cristo “Parola vivente” (cfr SC, 9), ma è il “luogo” privilegiato in cui questa Parola risuona oggi, nella Chiesa.
Con il rinnovamento conciliare, non c’è azione liturgica – soprattutto dei sacramenti – che non richieda una “liturgia della Parola” e perciò la proclamazione di una o più letture bibliche. -
Attraverso la Sua Parola, proclamata nell’assemblea cristiana, “Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il suo vangelo” (ivi, 33). Nella Parola, Cristo risorto si fa realmente presente tra i suoi e dona lo Spirito per la glorificazione del Padre e la loro santificazione e quindi per l’esercizio di quel “culto spirituale” che è proprio dei veri adoratori del Padre (cfr Gv 4,24).
La presenza del Signore nella Parola è sottolineata, nella celebrazione, dagli onori che vengono resi al libro santo e in particolare all’evangeliario. Questo rituale è destinato a esprimere una meravigliosa realtà: attraverso la Parola che si annuncia, si compie nella Chiesa una vera “epifania” del Signore in mezzo a coloro che, da questa stessa Parola, sono convocati per professare e crescere nella fede e celebrare il mistero pasquale di Cristo. “È lui dunque che parla quando nella Chiesa si leggono le Scritture“ (SC, 7). -
Proprio per questo, la proclamazione della Parola nella liturgia diventa un evento che attualizza la storia della salvezza: un avvenimento salvifico.
Quando colui che legge fa risuonare tra i fratelli la parola di Dio non racconta una storia del passato, non fa una lezione di scuola, ma annuncia un “mistero” che si realizza qui e oggi per quanti l’ascoltano con attenzione e l’accolgono con fede.
Ciò vuol dire, in concreto, che la liturgia della Parola non è soltanto un elemento didattico o una “preparazione” a ciò che avviene più tardi (es.: la consacrazione e la comunione eucaristica), ma è essenziale all’atto di culto e quindi partecipa delle finalità di esso: la proclamazione della Parola è glorificazione di Dio e sorgente di salvezza e di santità per gli uomini. -
Il corretto e fedele esercizio del servizio del lettore si inserisce nel vivo del cammino di fede dell’intera comunità parrocchiale, quale « Chiesa raccolta attorno alla parola di Dio e all’Eucaristia, con la costante e viva tensione che la Parola cresca, e si moltiplichi il numero dei discepoli (At 6,7) mediante il ministero del vangelo; e gli uomini raggiunti dal vangelo possano offrire se stessi come sacrificio vivo, santo, gradito a Dio » (cfr CEI, EM, 12).
Lo scopo ultimo dell’impegno del lettore è proprio questo e possiamo applicare a lui quanto s. Paolo afferma dell’apostolo/missionario: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati?” (Rom 10,13-15). -
Per tutti questi motivi, accanto ai ministeri “ordinati”, la vita e l’insegnamento della Chiesa hanno sempre visto e ammesso altri ministeri, pur se con variazioni secondo le epoche e le necessità.
Dopo la riforma del Vaticano II, i ministeri “non ordinati” istituiti o “di fatto” sono due e fanno riferimento al libro e all’altare: il lettorato e l’accolitato. Essi sono conferiti ai candidati al presbiterato, ma possono essere affidati anche a “quei laici eletti da Dio, i quali sono chiamati dal vescovo, perché si diano più completamente alle opere apostoliche” (ivi), specialmente nel campo dell’annuncio della parola di Dio, della celebrazione liturgico-sacramentale e della testimonianza e del servizio di carità. -
Questi ministeri, in forma diversa, partecipano della missione e della grazia del supremo sacerdozio di Cristo (cfr LG, 41) e, pertanto, non nascono dal sacramento dell’Ordine, ma dai sacramenti dell’iniziazione cristiana e “sono ‘istituiti’ dalla Chiesa sulla base della capacità che i fedeli hanno, in forza del Battesimo, di farsi carico di compiti e mansioni speciali nella comunità. Costituiscono anche essi una grazia, ossia un dono che lo Spirito Santo concede per il bene della Chiesa e comportano pure, per quanti li assumono, una grazia, speciale anche se non sacramentale, che viene invocata e meritata dall’intercessione e dalla benedizione della Chiesa” (cfr CEI,EM, 62).
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Per una metodologia della lettura liturgica
Come proclamare la Parola
La proclamazione liturgica è fatta da uomini per altri uomini e reca quindi con sé anche i difetti degli uomini. Eppure non sempre un buon dicitore, come un attore professionista, può assolvere la funzione di lettore nella celebrazione liturgica, perché non basta che la lettura risulti chiara e intelligibile. Nella proclamazione liturgica si esige un certo colore e calore, una certa solennità, un tono più vibrato, più partecipato. La proclamazione liturgica esclude la lettura teatrale. Si tratta invece di pronunciare ogni parola della Bibbia con cuore spalancato, carico di amore e di umiltà.
L’amore verso Dio che ci affida la sua Parola e verso il Popolo di Dio che ha bisogno di nutrirsi di questa Parola, impedirà letture frettolose, sfilacciate e superficiali; l’umiltà terrà lontano dalla vuota enfasi e dalla fredda declamazione.
Questo amore umile, attento e disponibile si esprime anche nel modo in cui il lettore si prepara a svolgere il proprio compito. Egli, qualche giorno prima della celebrazione, dovrebbe studiare la Parola che va a proclamare, conoscerne il contenuto biblico, il significato all’interno del tempo liturgico e della specifica celebrazione, ma anche leggerla e rileggerla, studiandone le parole in modo da poterne regolare la velocità e il tono nella lettura, ma anche vedere se ci sono nel brano parole o nomi difficili per informarsi in precedenza sulla corretta pronuncia di essi.
Dare voce alla Parola di Dio
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La lettura o, meglio, la proclamazione in un’assemblea liturgica è il risultato di due operazioni che tutti facciamo normalmente: leggere e parlare. Il carattere pubblico della lettura, però, richiede che siano rispettati alcuni principi:
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non si legge in assemblea come si legge per proprio conto un giornale o un romanzo;
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non si parla in assemblea come si fa in una conversazione fra due o tre persone;
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inoltre, siccome leggiamo la Parola di Dio (non una qualsiasi parola umana!) e siamo in un ambito liturgico e proclamiamo testi biblici, dobbiamo tenere sempre presente che è Cristo “che parla quando nella Chiesa si proclama la Sacra Scrittura” e questo avviene nella nostra celebrazione, almeno in parte, dal modo con cui ciascuno di noi svolge il proprio compito.
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Il lettore ricordi che non legge la Parola di Dio per sé, ma per gli altri. Deve dunque prestare una particolare attenzione in modo da essere capito. Soprattutto, non deve avere mai fretta.
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Leggere senza fretta lascia il tempo alle parole non soltanto di essere pronunciate, ma soprattutto di essere capite; anche per questo, è fondamentale che il lettore si sia preparato precedentemente.
Chi ascolta, infatti, ha bisogno di tempo per poter organizzare i suoni che sente in una frase dotata di senso. E questo dipende dalle pause e anche dalla velocità con cui si legge. -
Parlare con chiarezza, pronunciando con decisione e distintamente.
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Molto spesso capita di spegnere la voce alla fine della frase, “mangiandosi” le ultime sillabe. È perciò importante mantenere ritmo e tono regolare durante tutta la lettura.